Il vicino: «Paolo doveva andarsene da quella casa»

Martedì 21 Maggio 2019
Il vicino: «Paolo doveva andarsene da quella casa»
LE REAZIONI
SILEA Roberto si fa il segno della croce mentre passa davanti al giardino di Paolo. A terra ci sono ancora delle tracce di sangue che nemmeno la pioggia battente di queste ultime ore è riuscita a cancellare. «Paolo era una persona buona, ma ha fatto un errore - dice Roberto De Franceschi, che abita proprio a due passi dall'abitazione del 63enne ucciso con un colpo di doppietta dal suocero novantenne -: doveva andarsene da questa casa. Non doveva fidarsi di un ex cacciatore, al quale qualcuno doveva togliere quell'arma. Non capisco come mai, a 90 anni suonati, l'avesse ancora». Una domanda che si pongono tutti in paese, è proprio il motivo per il quale Giovanni Padovan, nonostante le liti continue con il genero e l'età avanzata, detenesse ancora il fucile. «Se non ce l'aveva non saremmo qui a parlare di una tragedia».
LA LICENZA
La licenza di caccia del 91enne, ex muratore, era in effetti scaduta nel 2017. Già diversi anni prima aveva smesso di fare il cacciatore, passione coltivata sin da giovane quando abitava nel Vittoriese. Ma come capita a molti anziani, pur non usandola, Padovan non si era mai voluto disfare della sua doppietta, rimasta chiusa in armadio per diversi anni. Anche senza licenza aveva tutto il diritto di detenerla: i documenti insomma erano in regola, almeno fino a settembre, quando si sarebbe dovuto sottoporre a una visita medica per il rinnovo del permesso di detenzione. Viste le buone condizioni di salute del 91enne, sia fisiche che psichiche, non vi sarebbero probabilmente stati problemi. Limiti di età, per la detenzione, non ci sono.
NESSUNA DENUNCIA
La doppietta gli sarebbe stata però tolta di certo se fossero giunte all'ufficio armi della questura delle segnalazioni. Ma questo non è mai avvenuto. Perchè nonostante i litigi e i dissidi insanabili tra suocero e genero, iniziati circa 30 anni fa, ai carabinieri, di recente, non era stata mai fatta alcuna denuncia. L'ultima risale addirittura al 2004, quando fu però Padovan (e non viceversa) a chiedere l'intervento dei carabinieri al termine di un alterco con Tamai. Poi ci furono un'altra manciata di episodi, ma dal 2006 in poi, per 13 anni filati, nient'altro. Motivo per il quale non sarebbe mai emerso alcun elemento oggettivo per sequestrare l'arma al pensionato.
I DISSIDI
Che il rapporto tra Padovan e Tamai fosse ai ferri corti lo sapevano però tutti in paese. Se n'erano occupati in passato anche i servizi del Comune, che avevano messo a disposizione un mediatore. Pure il parroco aveva cercato di fare da paciere. E la situazione sembrava essere migliorata, almeno fino a qualche mese fa, quando Tamai, confidandosi con il suo socio Marino Giacomin, comincia a raccontare delle imboscate continue del suocero, che ogni giorno cerca e trova il modo di attaccare briga. «Mi aveva detto del fucile, ma aveva preferito non fare denuncia» ha spiegato Giacomin. Nessuno ovviamente poteva immaginare che l'anziano arrivasse ad aprire il fuoco contro il 63enne. Nè i carabinieri nè il Comune: «Gli fornivamo pasti caldi e assistenza tramite i volontari - ha ribadito il sindaco di Silea Rossella Cendron - ma senza una segnalazione specifica non potevamo fare di più». (a.belt)
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