IL QUADRO
TREVISO Ci sarà poco da festeggiare, purtroppo, nell'imminente

Venerdì 4 Dicembre 2020
IL QUADRO
TREVISO Ci sarà poco da festeggiare, purtroppo, nell'imminente periodo natalizio per alberghi e ristoranti della Marca. Già di norma, per il comparto trevigiano dell'accoglienza, questi mesi coincidono con la bassa stagione. Quest'anno, tra il crollo del turismo internazionale e le ulteriori restrizioni varate proprio in queste ore dal governo, l'attività si preannuncia pressochè azzerata. Tanto che, secondo le stime dei rappresentanti del settore, oltre un terzo degli hotel terrà chiusi i battenti dalla settimana di Natale almeno fino a dopo l'Epifania. «Già oggi sono sempre di più le strutture che rinunciano ad aprire, perché non è sostenibile - conferma Giovanni Cher, presidente di Federalberghi provinciale - In media, l'occupazione delle stanze è del 5%, ben che vada si arriva al 10%. E anche chi è operativo, lo fa dal lunedì al giovedì, fermandosi nel weekend. La poca clientela presente è costituita da persone in viaggio per lavoro. Credo che assisteremo ad una chiusura generale».
GLI AFFARI
Si aggrava così il calo di giro d'affari che, da inizio anno, sfiora il 70%. «Stiamo passando dalla padella alla brace. La situazione è anche peggiore di marzo: allora almeno, pur chiudendo, c'era la prospettiva di riprendere, oggi c'è la consapevolezza che per tornare i livelli del 2019 nel settore turismo ci vorranno quattro o cinque anni». Laconico il commento sulla possibilità di veglione, ma solo con il servizio in camera. «È come dire alla gente: state a casa. Si è giustamente voluto evitare un secondo lockdown - ribadisce Cher -, però il comparto turistico continua a essere penalizzato al 100%: si avvicinano le vacanze? Allora si chiude tutto. E non capisco perché in altri paesi invece resti tutto aperto: forse da noi il virus è più pericoloso».
L'AGONIA
Concorda anche Gianni Garatti, presidente della Fondazione Marca Treviso e titolare de Al Fogher, storico hotel del capoluogo: «Tradizionalmente questo è sempre stato un periodo di poco lavoro, ora è davvero tutto fermo. Avevamo qualche richiesta giusto per Capodanno: adesso anche quelle vengono meno con i divieti agli spostamenti. Ad esempio, noi stasera abbiamo due camere occupate su 55. Finora abbiamo perso già 180 giornate. Qualcuno ha già chiuso, tanti altri lo faranno. Noi finora andiamo avanti perché siamo a conduzione familiare, si accendono solo le luci necessarie, si riscalda solo un piano. Ma anche noi sospenderemo da prima di Natale al 10 gennaio». Garatti, che pure condanna chi non rispetta le prescrizioni, insiste sulla necessità di sostegni al settore, a partire da un annullamento delle imposte. Sferzante sulle ulteriori misure per ristoranti e alberghi, Federico Capraro, presidente provinciale di Confcommercio: «Qual è il loro criterio? Se il distanziamento, le mascherine, la riduzione della capienza valgono a evitare assembramenti il 22 dicembre, perché non possono valere il 25 il 26 o il primo gennaio? Siamo di fronte a misure illogiche e ingiuste, con l'unico effetto di creare danni drammatici a imprese già compromesse. Per questo non possono sussistere senza adeguati indennizzi. Ciascuno di noi può rinunciare al pranzo di Natale al ristorante, chi non può rinunciarvi sono coloro che preparano e realizzano quel pranzo: per cuochi, camerieri, ristoratori e albergatori non è uno sfizio, ma il sostentamento delle loro imprese e famiglie».
Mattia Zanardo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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