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CASIER Il video di lei che culla la sua bambina, che le canta

Martedì 29 Ottobre 2019
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CASIER Il video di lei che culla la sua bambina, che le canta una canzone, è ancora impresso negli occhi e nel cuore di tutti. Aveva appena 29 anni, Glory Obibo, la giovane nigeriana arrivata in Italia su un barcone, morta ad agosto per un tumore al seno, tre mesi dopo aver dato alla luce la sua bambina. Smetteva di cantare, Glory, in quel video. E iniziava a parlare nella sua lingua. Cosa dicesse, qualsiasi donna poteva intuirlo: salutava quella figlia che doveva lasciare. L'addio più difficile, rotto dalla commozione.
Il suo compagno, Samuele Nascimben, cresce la sua piccola e cerca di non farle mancare l'amore della sua mamma. Ma non è facile. E venire a sapere di altre storie, di altre sofferenze, come quella della trentanovenne morta al Ca' Foncello dopo qualche ora dalla nascita del suo bambino, anche lei per un tumore al seno, fa di nuovo sanguinare una ferita che avrà bisogno di anni per rimarginarsi.A due mesi di distanza dalla morte di Glory, un caso analogo, quello di una mamma che si è accorta di avere un tumore al seno mentre era in gravidanza.
«Provo dispiacere, perché sento che è un problema molto comune. Anche in questi due mesi, da quando è venuta a mancare Glory, molte donne per strada mi riconoscono, mi fermano, mi fanno forza. E mi dicono di essere spaventate da quello che è successo a lei, e che per questo ora vanno a farsi visitare, si tengono più controllate. Ma questo ennesimo episodio, la storia di questa signora, mi fa pensare che contro questo male ci sia poco da fare. Siamo tutti impotenti».
Cosa si sente di dire a questo papà, rimasto solo con i suoi figli e con questo bambino appena nato?
«A questo papà posso dire di farsi forza, il bambino gli sarà molto di aiuto, lo vedo io con la mia Greta: è pura forza. E' un dono importante, quello che lasciano queste mamme, e noi papà dobbiamo essere bravi e forti a custodire questo bene, a farlo crescere come si deve, a fargli sentire la presenza della mamma, fargli sentire che la loro mamma è importante, che è sempre presente, anche se è lontana. Donne che hanno il coraggio di non curare se stesse per mettere alla luce i loro figli. Sapendo che non li vedranno crescere. O addirittura non li conosceranno mai. Sono da ammirare, queste mamme».
Mamme speciali?
«Sì, sono consapevoli di avere poche possibilità di uscirne, dalla malattia; d'altro canto sanno che la gravidanza procede bene. E questo è importante. Penso che compiano la scelta giusta, che sia la cosa giusta da fare: dare un'altra vita. Vita per vita, com'è successo a noi. Sapevamo che Greta stava bene, la gravidanza procedeva senza problemi, Glory conosceva la gravità della sua condizione. Ha fatto la scelta giusta».
La notizia di un caso simile al vostro riapre una ferita profonda.
«Sì, non è facile. Ti passano tante cose per la testa. Ho capito tante cose in questo periodo, sono sempre più convinto che Glory abbia dato tanto e fatto tanto. Glory mi ha insegnato molto, ha lasciato un segno forte».
Lina Paronetto
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