Il mandante in tre lettere, la Procura «Estraneo ai fatti»

Sabato 20 Febbraio 2021
Il mandante in tre lettere, la Procura «Estraneo ai fatti»
CASTELFRANCO
Tre lettere anonime che alimentano un dubbio. Quello che Michele Fusaro, condannato a 30 anni per il rapimento e l'omicidio di Iole Tassitani, non abbia agito da solo. Una tesi sempre sostenuta dai familiari di Iole, figlia del notaio Luigi Tassitani, e dal loro legale, l'avvocato Roberto Quintavalle. «Sono ancora convinto che Fusaro abbia avuto dei complici - puntualizza - anche se gli inquirenti hanno sempre sostenuto il contrario». Nelle tre lettere, tutte anonime, due delle quali recapitate nel febbraio dello scorso anno a casa Tassitani, appare bianco su nero il nome del presunto, e del tutto ipotetico, mandante del delitto: un uomo castellano, volto noto in città, di origini slave e di etnia sinti. Le missive (nella terza è allegata la fotocopia di un articolo apparso su Il Gazzettino il 19 febbraio 2019, che riporta la notizia della tesina scolastica del nipote di Iole, dal titolo Mia zia uccisa, nessuna giustizia), tutte scritte a mano, presentano una calligrafia volutamente stentata. «Le abbiamo ricevute un anno fa - ripercorre l'ex procuratore della Repubblica di Treviso Michele Dalla Costa -, e subito inoltrate per competenza alla Procura Distrettuale di Venezia». Che, nonostante l'emergenza Covid, scoppiata proprio nello stesso periodo, non ha perso tempo e ha subito proceduto con gli accertamenti. Ad occuparsene il pm Paolo Terzo, che coordinò le indagini, nel 2007, che portarono all'arresto di Michele Fusaro. E il presunto complice e mandante delle azioni del falegname bassanese, segnalato nelle lettere, è risultato completamente estraneo ai fatti. «Fusaro ha fatto tutto da solo» la conclusione. Non ebbe alcun aiuto, secondo gli inquirenti, nel pianificare il rapimento, gestirne il sequestro e infine nel tentare di far sparire il corpo della povera Iole, fatto a pezzi e ritrovato nel garage del falegname a Bassano.
GLI ACCERTAMENTI
Per la Dda di Venezia quelle tre lettere non svelano alcuna verità nascosta. Fusaro, che conosceva Iole Tassitani e che a pochi giorni dal sequestro, avvenuto il 12 dicembre 2007, era stato subito individuato dalle forze dell'ordine. «Avevamo capito che era un sequestro finito male, lei lo aveva riconosciuto e lui, spaventato, l'aveva uccisa» la ricostruzione della Procura. Ma in quei giorni (in cui venne chiesto un riscatto nonostante Iole fosse ormai deceduta) gli investigatori avevano passato al setaccio ogni contatto di Fusaro, verificato telefonate, messo sotto torchio qualsiasi conoscenza anche fugace, arrivando ad escludere categoricamente la presenza di complici. Una ricostruzione riconfermata dalla Procura lagunare anche adesso, dopo gli ulteriori accertamenti seguiti alle lettere anonime: «Non ci sono lati oscuri».
I DUBBI DI QUINTAVALLE
A portare le tre lettere in Procura, lo scorso anno, è stato proprio l'avvocato Roberto Quintavalle. Il quale da un lato ritiene inverosimili le accuse al cosiddetto mandante, dall'altro continua a esprimere perplessità sulla mancata individuazione di un complice che, a suo dire, non può non esserci. «Anche durante il processo ho sempre sostenuto che sono state tralasciate delle piste - afferma Quintavalle - ma quelle lettere sembrano scritte da un pazzo. Citano una persona di Castelfranco che conosco benissimo e rispetto alla quale nutro una stima personale. Non credo affatto che possa aver collaborato ad un simile disegno criminale. Ma era mio dovere consegnare il materiale alla magistratura». Quanto alla tesi di un complice aggiunge: «Ho ricevuto diverse minacce, e questo non fa che rafforzare il mio pensiero. Fusaro non avrebbe mai potuto fare tutto da solo: conduceva una vita normale, ma purtroppo frequentava persone di etnia diversa dalla nostra, nullafacenti, e sicuramente dotati di meno scrupoli nel portare fino a questo epilogo un sequestro di persona».
Alberto Beltrame
Denis Barea
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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