IL DIRIGENTE
TREVISO Negli ultimi vent'anni gli interventi del Suem118 sono quasi

Sabato 18 Gennaio 2020
IL DIRIGENTE TREVISO Negli ultimi vent'anni gli interventi del Suem118 sono quasi
IL DIRIGENTE
TREVISO Negli ultimi vent'anni gli interventi del Suem118 sono quasi raddoppiati. Nel 1998 ne erano stati effettuati 27.350. Adesso si è sopra i 50mila all'anno. Per un aumento che supera l'80%. E l'attività continua ad aumentare. L'anno scorso la centrale operativa di Treviso, diretta da Paolo Rosi, ha ricevuto oltre 107mila chiamate (+5% rispetto al 2018). Gli interventi hanno toccato quota 51.300 (+3%), ci sono state oltre 57.500 missioni (+3%) e più di 23.500 trasporti non urgenti (+2%).
Dottor Rosi, a cosa è dovuto questo aumento esponenziale?
«Ci sono diversi fattori. Il primo è legato al fatto che la popolazione in generale sta invecchiando. L'aumento delle chiamate va di pari passo con l'aumento dei problemi di salute, anche cronici. Una parte importante dell'attività, poi, riguarda gli incidenti domestici. Mentre in estate bisogna far fronte in particolare alle richieste per incidenti stradali».
I mezzi di soccorso a disposizione sono sufficienti?
«Abbiamo un'ambulanza per il soccorso avanzato, con a bordo un medico o un infermiere, ogni 40mila abitanti. A livello nazionale il rapporto è di una ogni 60mila abitanti. La situazione è più che positiva. Il 70% degli interventi, inoltre, viene effettuato da mezzi che vedono la presenza di infermieri, che possono essere accompagnati o meno dal medico. Si tratta di personale estremamente qualificato che lavora sia in ospedale che nel sistema di soccorso».
Arrivano chiamate anche per problemi non urgenti?
«Una dei momenti più delicati è rappresentato dal filtro fatto dalle centrale operativa: una sorta di triage al telefono. Capita che ci siano domande di intervento per sangue da naso, vomito o altre cose che non richiedono l'invio di un'ambulanza. La decisione viene presa dagli infermieri della centrale in base alle indicazioni che vengono date loro. In questi casi hanno la responsabilità di far capire a chi chiama che l'ambulanza non serve. Riescono a farlo grazie a una formazione ad hoc che consente di mantenere la calma, anche quando la tensione sale e magari arriva qualche insulto». In 18 minuti riuscite ad arrivare in tutta la provincia?
«Questo, ovviamente, è un dato medio che va oltre i singoli casi. Possiamo dire che siamo perfettamente in linea con il parametro di riferimento. Oltre ad arrivare in fretta, però, il sistema funziona perché c'è un'organizzazione che permette di portare i pazienti critici, ad esempio per un infarto o un ictus, negli ospedali del territorio in grado di trattare i relativi problemi, non semplicemente in quello più vicino».
I nuovi mezzi consentiranno un nuovo salto di qualità?
«La sostituzione di quelli che invecchiano è sempre positiva. I nuovi mezzi, inoltre, hanno impianti tecnologici d'avanguardia. Il Veneto è l'unica Regione che considera le ambulanze come un reparto ospedaliero. C'è un sistema di accreditamento che impone requisiti specifici sia ai mezzi, come la presenza del defibrillatore, che al personale».
Le nuove ambulanze avranno anche il sistema per la compressione meccanica del torace.
Su alcuni mezzi c'è già. Ma adesso tutti i nuovi veicoli inizieranno la loro attività con questa dotazione. Così come ci saranno il ventilatore polmonare e la gestione centralizzata dell'impianto dell'ossigeno. Si aggiungono le barelle elettriche che portano più di 300 chilogrammi e i sistemi di trasporto pediatrico. Più una sedia scendi-scale con cingoli per consentire agli operatori un trasporto dei pazienti agevole e in sicurezza. Mentre le auto mediche sono station wagon e a trazione integrale per raggiungere anche le zone più impervie. (m.fav)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci