IL COMMERCIO
TREVISO Tre mesi di chiusura rappresentano per i negozi trevigiani

Mercoledì 27 Maggio 2020
IL COMMERCIO
TREVISO Tre mesi di chiusura rappresentano per i negozi trevigiani una sfida. A riaprire. A ripartire. A guadagnare. Ma per bar, ristoranti e alberghi potrebbero diventare un ostacolo insormontabile. Tanto da lasciare sul campo - dopo la battaglia con il Covid - parecchi pubblici esercizi. È la paura del presidente Ascom, Federico Capraro. Che, al di là delle facili battute sul siamo tutti pronti a ripartire, lascia parlare i numeri. Ed il conto è presto fatto. «Il commercio al dettaglio ha riaperto un po' dovunque. Diciamo che la percentuale di chi ancora è chiuso è ben inferiore al 10 per cento. Significa che la categoria ha reagito, assorbendo il duro colpo della chiusura forzata e prolungata per il coronavirus» scandisce Capraro. Non è lo stesso, però, per i pubblici esercizi. Che non sanno ancora se riaprire o chiudere definitivamente le proprie attività. «Non si conoscono ancora le regole per i flussi del turismo, ad esempio - commenta Capraro - se tutto andrà bene il 3 giugno riapriranno i confini tra regioni e il 15 giugno quello tra nazioni. Questo significa che gli albergatori non possono ancora programmare la stagione estiva che è alle porte. Una tragedia». Il risultato? «Un bar su 4 non ha ancora aperto, per i ristoranti 1 su tre è tuttora chiuso. E per gli alberghi è ancora più tragico. Due su tre sono chiusi e non sappiamo se partiranno» ammette sconsolato il presidente Ascom.
I CONTI
Capraro sa perfettamente che prima di tirare le somme bisognerà aspettare. E l'attesa sarà lunga. Non basterà fare i conti alla fine di giugno, calcolando quanti hanno accettato la sfida e hanno deciso di provarci. Bisognerà aspettare settembre. Solo allora ristoratori e albergatori avranno davanti agli occhi il bilancio di entrate e perdite e potranno pensare all'inverno e alla stagione 2021 con un po' più di certezze. «In autunno dovremo riflettere sui dati che la categoria ci fornirà e le preoccupazioni non mancano. Sono preoccupazioni di ordine generale, innanzitutto. Perchè mancano i presupposti per una ripartenza vera, solida, efficace» dice polemico Capraro. Sostenendo che le aperture di questi mesi non devono essere fuochi di paglia ma solide basi per rafforzare il tessuto economico locale.
I BOCCONI AMARI
Capraro ha alcuni bocconi amari che non può proprio deglutire. A suo dire mancano interventi concreti di rilancio per la categoria. E, soprattutto, manca un piano di aiuti per sostenere le piccole imprese che hanno sopportato le conseguenze del lockdown. «So che Zaia oggi annuncerà i fondi per aiutare le imprese del Nordest. Ci crediamo fortemente - dice Capraro - Ma ancora non basta. Deve esserci un Piano Paese con iniezioni importanti di credito e di sostegno a chi rischia di perdere la fiducia nel futuro. Tre mesi di chiusura sono stati troppi per il commercio e sono un peso insostenibile per bar, ristoranti e soprattutto per gli alberghi». Alla fine, però, non è solo questione di fondi per le imprese. I flussi di turismo bloccati hanno comportato l'ingessarsi di tutta la programmazione estiva. «Non si sa come reagirà il mercato alla riapertura delle frontiere. Conteremo i danni veri e reali solo in autunno». Capraro aggiunge che nemmeno i negozi se la passano bene. «Gli acquisti per ora si sono diretti esclusivamente su beni di prima necessità, dalla lavatrice che si era rotta ai vestiti per i bambini che crescono. Le spese voluttuarie, per ora, sono ferme».
LA PREOCCUPAZIONE
Il quadro non è roseo. E le preoccupazioni crescono. I timori che in autunno il conto da pagare sarà ancora più salato. «Se la politica non velocizza il Piano di aiuti parleremo presto di recessione. E, a quel punto, invertire il trend sarà difficile. Meglio pensarci adesso e consentire a chi ha un'attività di aprire e di riavviare un circolo virtuoso che innescherà la ripresa dei consumi. Almeno questo è l'augurio che tutti ci facciamo».
Valeria Lipparini
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