Il codice fiscale non vale per lavorare «I migranti della Serena sono bloccati»

Mercoledì 17 Ottobre 2018
IL CASO
TREVISO «Ci sono tanti richiedenti asilo che hanno voglia di fare. Spesso trovano aziende pronte ad assumerli almeno con contratti a termine. In molti casi, però, salta tutto perché non si riesce a sbrogliare la matassa della burocrazia per colpa del codice fiscale che è stato loro assegnato: va bene per l'Agenzia delle Entrate ma non può essere usato per lavorare o per aprire un conto corrente. È un paradosso».
BUROCRAZIA
La denuncia arriva da Lorenzo Caner, responsabile della struttura dell'ex Serena. Nella vecchia caserma tra Treviso e Casier oggi ci sono circa 400 profughi: il 30% ha trovato un'occupazione. A quanto pare, però, si potrebbe fare molto di più. «Ai richiedenti asilo viene attribuito un codice fiscale esclusivamente numerico, che non può essere utilizzato nell'ambito dei contratti di lavoro fa il punto Caner ogni volta bisogna passare per l'Agenzia delle Entrate per ottenere altra documentazione. I tempi non sono brevi. E intanto i datori di lavoro trovano altri». Un problema non da poco se si pensa che il lavoro rappresenta uno dei passaggi più importanti verso l'integrazione. Nell'ex caserma vivono in particolare immigrati provenienti da Nigeria, Senegal, Gambia, Costa d'Avorio e Mali. Alcuni sono in Italia anche da due anni: «Si impegnano soprattutto nell'ambito della meccanica, come saldatori, ad esempio molti, poi, hanno lavorato nel periodo della vendemmia». Quando c'era da tirar giù l'uva il tasso di occupazione nell'ex Serena è salito fino al 50 per cento. Un richiedente asilo su due lavorava.
I CORSI
Nel frattempo la Nova Facility, società che gestisce la struttura, continua a portare avanti le attività di formazione. A cominciare dai corsi di italiano. Pure qui, però, le cose sembrano più difficili del previsto. Seguire i corsi di italiano, infatti, non è obbligatorio. «Abbiamo fatto presente anche al prefetto questo problema sottolinea Miriam Giuriati, sindaco di Casier il corso di italiano dovrebbero essere sempre obbligatorio. Poi i risultati possono ovviamente essere diversi. Ma tutti dovrebbero seguire queste lezioni».
Mauro Favaro
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