IL CASO
VITTORIO VENETO «Non possiamo rientrare in Cina. Le scuole sono

Mercoledì 29 Gennaio 2020
IL CASO VITTORIO VENETO «Non possiamo rientrare in Cina. Le scuole sono
IL CASO
VITTORIO VENETO «Non possiamo rientrare in Cina. Le scuole sono state chiuse tutto il mese: il Paese è in piena emergenza». Eleonora De Poi, violinista vittoriese, da 9 mesi vive e lavora ad Hangzhou, città di 10 milioni di abitanti non distante da Shangai. Aveva approfittato del Capodanno cinese per tornare in Italia dalla famiglia. Ma il suo volo, previsto per il 6 febbraio è stato bloccato. «La mia regione è seconda per contagi in Cina. Ci sono 173 casi: è allerta rosso». Ventidue anni, violinista, Eleonora ha scelto di vivere all'estero con il compagno, il pianista Massimiliano Turchi. Ma ieri la scuola di musica per cui entrambi lavorano ha comunicato il blocco delle lezioni fino almeno al 17 febbraio.
BLOCCATI
«Il nostro referente ha specificato che le direttive governative sono queste: chiusura immediata delle scuole fino al 17 febbraio. Ma probabilmente anche oltre. Siamo molto preoccupati: i nostri colleghi cinesi ci dicono di non tornare». Quando è arrivata in Cina la notizia del Coronavirus? «Non ci è stata data nessuna notizia ufficiale finchè i giornali di tutto il mondo non hanno iniziato ad occuparsi del virus. Ad Hong-Kong però, il 19 gennaio sul volo dalla Cina c'erano strani controlli. Postazioni che registravano la temperatura dei passeggeri, mascherine. Ma, ripeto, nessuna comunicazione espressa». La regione di Hangzhou, dove voi vivete, è seconda per contagio. «Si, sembra paradossale, perchè siamo lontani da Wuhan, ma le mappe parlano chiaro. Si sta diffondendo molto rapidamente». Che notizie avete dalla Cina? «I nostri colleghi spiegano che la gente è blindata in casa. Le autorità hanno prescritto di uscire il meno possibile, evitare i luoghi affollati, e avere sempre a con sè mascherina e guanti. I colleghi ci hanno detto: rimanete in Italia, qui non è sicuro. Ma noi abbiamo preso degli impegni di lavoro».
LA SCELTA
Come siete arrivati ad Hangzhou? «Io mi sono diplomata a Castelfranco e poi ad Amsterdam. Lì ho conosciuto il mio fidanzato. Nove mesi fa l'occasione giusta: una scuola di musica cinese reclutava insegnanti stranieri con master internazionali. Abbiamo pensato potesse essere un'occasione per renderci indipendenti economicamente: abbiamo fatto domanda e dopo vari colloquio anche via skype siamo stati assunti». Come vi siete trovati? «Vivere in Cina è molto difficile. Bisogna essere davvero flessibili. Noi lavoriamo e studiamo molto per preparare concerti nelle grandi città e cercare nuove possibilità in Europa o negli Stati Uniti». Che ambiente musicale avete trovato? «I cinesi vogliono insegnanti dall'estero nelle scuole private. Il livello è molto vario. Abbiamo allievi molto bravi, altri che lo fanno così per hobby, mentre altro ancora li prepariamo per gli esami di ammissione in conservatori all'estero (soprattutto Nord Europa e America). Insegniamo a bambini di 4 anni e ragazzi di 20. E' comunque una bella esperienza di crescita». Come si vive la quotidianità in Cina? «La qualità della vita è molto diversa. E' dura vivere in una città in cui non si vede mai il sole, l'inquinamento è elevatissimo e il cielo azzurro un miraggio. In Italia siamo abituati ad uno standard molto elevato. Per questo deve necessariamente essere una scelta a tempo. Noi affrontiamo questo momento della nostra vita come un'esperienza di lavoro. Dobbiamo anche affermare che il trattamento economico proposto sarebbe impensabile in Europa, purtroppo. Studiamo per preparare dei concerti, usciamo con altri expat, visitiamo alcune città non lontane dalla nostra». Quando pensate di ripartire per Hagzhou? «Siamo molto combattuti. Ora non c'è un divieto palese ma ufficiosamente tutti ci hanno sconsigliato di metterci su un aereo. Restiamo in attesa. Soprattutto di notizie certe. Quelle stesse che non sono state date durante il Capodanno cinese e avrebbero potuto rallentare un po' la diffusione del virus».
Elena Filini
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