IL BILANCIO
TREVISO Poco meno di 5.500 imprese e 20mila lavoratori. Ovvero la

Mercoledì 28 Ottobre 2020
IL BILANCIO
TREVISO Poco meno di 5.500 imprese e 20mila lavoratori. Ovvero la platea su cui, da lunedì, nella Marca sta dispiegando i propri effetti diretti il nuovo Dpcm. Per 4.711 tra bar, ristoranti, gelaterie e altri pubblici esercizi, infatti, è scattato l'obbligo di abbassare le saracinesche alle 18. Rappresentano quasi il 5 per cento delle imprese della provincia e danno lavoro a 17.367 addetti. Un'altra quota di ditte, pari allo 0,8 per cento del totale, e i loro 1.479 dipendenti, invece, hanno dovuto fermarsi del tutto. Si tratta di attività del comparto ricreativo e del divertimento (346 per 698 occupati), palestre e centri sportivi (272 con 375 addetti) e, ancora, centri benessere (85), sale scommesse e lotterie (45), cinema (18), più una serie di altre ditte.
LE TANTE DIFFICOLTA'
A fare il computo è la Camera di commercio. «Sono tutte stime su attività direttamente interessate al decreto, c'è poi da indagare l'impatto sulle attività collegate, a monte e a valle della filiera» precisa il presidente Mario Pozza. Il numero uno dell'istituzione di piazza Borsa torna ad esprimere perplessità sulle ripercussioni del provvedimento: «Contribuisce ad aumentare il clima di incertezza che perdura da diversi mesi dopo la fine del lockdown». Tra le realtà alle prese con le nuove restrizioni dalle gelaterie alle pasticcerie, dalla ristorazione al fitness 735 appartengono al mondo artigiano, coinvolgendo oltre tremila lavoratori, secondo Confartigianato Marca Trevigiana. E piuttosto critico con il decreto governativo è pure il leader provinciale dell'associazione, Vendemiano Sartor: «Le misure introdotte sembrano votate alla punizione più che alla prevenzione e al controllo» conferma. Per aggiungere: «Riteniamo sia più utile e efficace intervenire con misure che puniscano i comportamenti scorretti di singoli cittadini e di operatori anziché stoppare in modo casuale, generalizzato e incomprensibile solo alcune attività. Non possiamo passivamente accettare le chiusure laddove c'è stata un'applicazione scrupolosa delle misure imposte dai protocolli di sicurezza e dove è stato verificato che il rischio Covid è sotto controllo». Le chiusure, secondo Sartor, finirebbero per innescare derive che minacciano lo spirito di intraprendere vitale per il nostro territorio, rischiando di portare a rassegnazione diffusa, sono troppo pericolose.
SOSTEGNI SENZA RITARDI
Alfonso Lorenzetto, presidente della Cna Treviso, si rivolge al Governo per chiedere ristori proporzionati alle perdite e tempi di erogazione immediati. Per Lorenzetto la partita dei ristori andava gestita contemporaneamente all'uscita del Dpcm. Dobbiamo uscire dall'equivoco per cui in questa, come in altre fasi, si chiede di scegliere tra salute e tenuta economica. Finora peraltro, la pandemia non pare aver segnato troppo la platea produttiva trevigiana. Almeno guardando alla demografia delle imprese, rilevata dalla Camera di commercio. Nel periodo dell'emergenza, da marzo a settembre, lo stock complessivo è in crescita. Alla fine del mese scorso, infatti, risultavano attive 79.090 ditte con sede nella Marca, a cui si sommano 18.229 unità locali, cioè filiali. Rispetto al 30 marzo precedente, la prima categoria registra un aumento di 289 unità, la seconda di 115. Gli analisti dell'ente camerale, tuttavia, invitano a valutare con prudenza la statistica. Dietro il dato complessivo, infatti, si cela un andamento di iscrizioni e cessazioni molto rallentato oltre 30 punti percentuali in meno sia per l'una che per l'altra voce rispetto allo stesso periodo 2019. Cosa significa? Che l'economia trevigiana vive probabilmente una sorta di stallo, di attendismo. E che le ripercussioni della crisi potrebbero esplodere anche nei numeri non appena verranno meno ammortizzatori sociali e sostegni straordinari.
Mattia Zanardo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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