I NUMERI
TREVISO Dicono le statistiche che nella Marca in media ogni 72 ore si

Mercoledì 23 Ottobre 2019
I NUMERI
TREVISO Dicono le statistiche che nella Marca in media ogni 72 ore si consuma una violenza familiare ma anche che solo il 10% viene denunciato. Sono per lo più mariti contro mogli, figli contro i genitori, matrimoni a pezzi e famiglie che si sfasciano a colpi di umiliazioni, vessazioni, sberle, calci, pugni, bastonate e stupri. E' quello che vedono i medici del pronto soccorso degli ospedali della Marca, testimoni in prima linea di un fenomeno che registra una crescita che si potrebbe definire persino spaventosa: 586 gli accessi nel 2018 riconducibili a violenze e maltrattamenti in famiglia ma a ottobre di quest'anno si sia già arrivati ben oltre quota 600.
LA NORMA
Ad agosto è entrata in vigore la nuova normativa, il cosiddetto codice rosso, una legge che prevede l'inasprimento delle pene per i reati di maltrattamenti e le lesioni in famiglia, per lo stalking e la violenza sessuale, che introduce un meccanismo quasi automatico di allontanamento del violento. Ma che, soprattutto, dovrebbe fare in modo che le indagini si compiano in maniera più veloce, con la previsione che la polizia giudiziaria comunichi tempestivamente al magistrato le notizie di reato di maltrattamenti e che la vittima venga sentita dal pubblico ministero entro 3 giorni dall'iscrizione della notizia di reato. Di indagini sprint, come sono state definite, a Treviso dalla data di entrata in vigore della nuova legge lo scorso 9 agosto al 19 ottobre ne sono state aperte già 89. «Lodevole e condivisibile l'intenzione di far progredire l'attività giudiziaria in favore delle vittime - osserva il Procuratore della Repubblica di Treviso Michele Dalla Costa - ma per assolvere ad un carico così rilevante occorre mettere mano alle piante organiche delle Procure e rafforzarle. Altrimenti si corre il rischio di aumentare il lavoro dei magistrati facendo sì che quello che di buono che si recupera sul fronte del contrasto alla violenza familiare e di genere lo si perde sui ritardi che potrebbero essere accumulati in altri versanti». Spiega Dalla Costa che «adesso i tempi che devono intercorrere dal momento della denuncia sono stringenti. E' una accelerazione che condivido perché nei casi di violenza familiare la tempestività delle misure cautelari, ad esempio l'allontanamento o il divieto di avvicinamento, può giocare un ruolo molto importante. Ma per fare funzionare il meccanismo serve organizzazione e la capacità di coordinarsi dentro alle Procure. Aumentare semplicemente il carico di lavoro dei pubblici ministeri senza irrobustire gli organici non mi pare si possa considerare una soluzione praticabile sul lungo periodo».
SCETTISCISMO
Che il nuovo impianto normativo produca in effetti una accelerazione delle indagini lascia invece scettici gli avvocati. «In realtà - fa notare il penalista Guido Galletti - il termine di tre giorni decorre dall'iscrizione della notizia di reato; io ci leggo una certa distonia rispetto alla finalità della legge, considerati i ritardi che le segreterie delle Procura incontrano nell'adempimento del tempestivo aggiornamento dei registri. E questo potrebbe determinare pregiudizi sulla rapida acquisizione delle indagini e sulla tutela della vittima. Sarebbe stato meglio far decorrere il termine dal giorno dell'acquisizione della notizia di reato, cioè dalla denuncia vera e propria, e non da quello della formale iscrizione. E siccome il termine non prevede sanzioni sarà di fatto eluso.». Parole che sembrano voler dire che siamo di fronte ad una finta riforma. «La norma si ispira a evitare soprattutto la vittimizzazione secondaria. Cioè sentire subito la vittima di questi reati, magari in incidente probatorio, evita di doverla ascoltare più avanti durante il procedimento e costringerla a rivivere ancora fatti e situazioni molto dolorose anche sotto il profilo psicologico».
Denis Barea
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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