I forzati dello sgombero «Vivere qui, un incubo»

Lunedì 18 Novembre 2019
GLI SFOLLATI
SAN BIAGIO DI CALLALTA Storie che si ripetono. Puntuali. Ma a cadenza sempre più ravvicinata. Da Saletto di Breda a Zenson, il Piave a novembre è qualcosa più di un incubo per chi abita nelle aree golenali: è una sentenza. E anche quando, come ieri, minaccia di esondare, sbaraccare tutto e andarsene prima di ritrovarsi sul tetto è semplicemente l'unica azione sensata da fare. Lo sa bene la famiglia Dolo, che abita nella golena di Sant'Andrea di Barbarana. Qui, al numero 75 di via Enrico Toti si lavora alacremente da ore. In mattinata è arrivata l'ordinanza di sgombero per questa e per altre 20 famiglie. Ma evacuare non significa solo prendere le proprie robe e salire in macchina. Prima, bisogna cercare di mettere in salvo tutto quello che è possibile salvare: mobili, quadri, suppellettili, divani. Più o meno se lo aspettavano. Da giorni l'Adriatico è ruggente, da giorni distrugge i litorali, scarica secchiate d'acqua in montagna e tonnellate di neve sulle cime più alte. E questa zona di pianura in parte risparmiata dalla forza dei venti e dal grosso delle precipitazioni ha anch'essa un dazio da pagare. Una minaccia silente che ieri travolgeva tutto senza preavviso e che oggi per fortuna la protezione civile è in grado di prevedere sulla base delflusso a Busche dove ieri la portata del fiume sacro si è impennata fino a 1250 metri cubi al secondo, ben oltre la soglia di allarme. Così scattano le misure preventive. E prevenire vuol dire scappare.
LE TESTIMONIANZE
«Siamo veramente stanchi. A 12 mesi dal disastro dell'anno scorso siamo di nuovo costretti a spostare tutti i mobili al piano superiore. Avevamo appena finito di imbiancare la cucina e di rimettere a posto tutto quello che l'acqua ci ha portato via lo scorso anno -dice la signora Dolo che vive con il marito e la figlia in una villetta accogliente a poche centinaia di metri dal fiume enorme e limaccioso- L'acqua è arrivata quasi al soffitto, distruggendo mobili e intonaci. Ci siamo rimboccati le maniche e sono venuti ad aiutarci cugini e amici. Abbiamo rimesso tutto a posto, abbiamo finito a ottobre ed eccoci ripiombare nello stesso incubo. Siamo stremati. Sono due notti che non chiudiamo occhio, è difficile vivere con questa spada di Damocle sulla testa, vorremmo solo poter restare tranquilli senza dover guardare il livello del fiume ogni volta che piove». Il marito, aiutato da alcuni parenti, sta caricando alcuni elettrodomestici su un grande furgone bianco per portarli lontano dalla minaccia dell'acqua: «Ci hanno detto che la piena arriverà verso mezzogiorno ma sono sicuro di non sbagliare se dico che il livello dell'acqua salirà stasera» dice il capofamiglia. Una nuova emergenza, insomma. «Siamo riusciti a ricomprare tutti i mobili anticipando i costi che poi in parte ci sono stati rimborsati dalla Regione. Abbiamo fatto tutte le pratiche burocratiche da soli, non ci ha aiutato nessuno. Speravamo che tutto fosse finito e invece siamo di nuovo nella stessa situazione. Quando abbiamo costruito la casa, all'inizio degli anni Settanta le emergenze erano molto più rare di oggi. Adesso tutto è cambiato e ogni temporale, ogni pioggia ci crea un'ansia indicibile. E conviverci è sempre più difficile».
L'ALTRO VERSANTE
A Ponte di Piave la prima segnalazione al sindaco è arrivata alle 4 di notte. Il livello del Piave avrebbe subìto un corposo incremento a causa della laminazione richiesta dalla Regione a Pieve di Cadore. In parole povere da quel momento c'eranoi circa otto ore per predisporre tutti gli accorgimenti del caso. L'allerta era però già stata diramata tra la popolazione di Ponte venerdì dalle 18, come pure nella confinante Salgareda. «Mi sono arrivati dei messaggi e poi sono passati gli agenti della polizia locale» racconta Roberto Zanot. «Tutti nella via hanno cominciato a darsi da fare per portare al primo piano mobilio e altre cose. Qui l'anno scorso è stato un disastro, una cosa mai vista. Il Piave fa paura quando arriva a certi livelli. Ho la fortuna di avere un appartamento in centro e mi sono spostato. Però ho visto tanti col volto tirato». Ieri mattina anche nella vicina via Piave, al di là della regionale, c'erano famiglie che si stavano preparando al peggio. In una di queste abitazioni, madre e figlia hanno portato tutto al primo piano: «Qui siamo rimasti già scottati una volta, non vogliamo rivivere quella tragica esperienza. Finiamo di portare quello che possiamo al primo piano. Dopodichè carichiamo la macchina e ce ne andiamo». Puntuali, di buon mattino, ci sono state le evacuazioni richieste dall'amministrazione comunale. Il pericolo era dietro l'angolo. Solo a Ponte evacuate 15 abitazioni per un totale di 32 persone. Poco più in là un altro residente spiega: «Noi siamo abituati a vivere qui. Chiaro che c'è il pericolo dell'acqua alta. Ma dove volete che andiamo? Siamo abituati qui. Ci hanno segnalato venerdì la necessità di spostare tutto e lo abbiamo fatto». Al primo piano? «No, via tutti, proprio fuori dal paese. Qui la paura è tanta e già l'anno scorso è stato un disastro».
A Ponte il centro operativo comunale è rimasto aperto per due notti consecutive. Tutti a seguire il flusso del Piave. Stavolta per fortuna è andata bene.
Pio Dal Cin
Gianandrea Rorato
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