Gardin attacca Salvini: «Indigna i veri credenti»

Sabato 17 Agosto 2019
IL CASO
TREVISO Al suo ultimo impegno ufficiale prima della pensione, il vescovo Gianfranco Agostino Gardin ha lasciato il segno. E giovedì, durante l'omelia della tradizionale e seguitissima messa dell'Assunta per la consegna del Cero nella chiesa di Santa Maria Maggiore (celebrata accanto al parroco padre Ottavio Bolis) ha voluto stigmatizzare l'uso, a suo modo di vedere strumentale, dell'immagine della Madonna da parte della politica. Ha parlato di qualcuno «ad alti livelli istituzionali», ma è apparso evidente il riferimento a Matteo Salvini, segretario della Lega e ministro dell'Interno, che spesso condisce i suoi discorsi politici con richiami alla Madonna o mostrando pubblicamente il rosario. Evidentemente a Gardin questa ostentazione non piace: politica e religione, sacro e profano, - questo il succo del suo discorso - non andrebbero mai mischiati. In una giornata di Ferragosto comunque calda, davanti a una chiesa come sempre piena per la celebrazione forse più sentita dai trevigiani, davanti al sindaco e a una folta rappresentanza di consiglieri comunali, è stato molto diretto, quasi spigoloso, nella sua condanna.
L'AFFONDO
«Qualcuno in verità - ha voluto sottolineare Gardin - anche ad alti livelli istituzionali, è solito ringraziare la Madonna, ma, a quanto pare, per ragioni che non sembrerebbero proprio trovare il consenso o la protezione della Vergine, almeno quella vera, quella che il Vangelo, come il brano odierno, ci fa conoscere e riconoscere. Suscitando, tra l'altro, il disappunto o l'indignazione dei veri credenti». Frasi cadute nel silenzio a tratti imbarazzato della navata: raramente il vescovo è stato così incisivo nei confronti della politica. Ma questa volta, forse al suo ultimo intervento ufficiale, ha inteso da un lato rimarcare come la devozione alla Madonna sia radicalmente cambiata e come, allo stesso tempo, gli ambiti religioso e civile siano ormai ben separati. E così dovrebbero rimanere: «Dopo tanti anni abbiamo imparato giustamente a separare i due ambiti, quello civile e quello religioso», ha ricordato. «Dovremmo anche dire - ha continuato - che gli eventi che hanno determinato questo gesto di omaggio alla Vergine non appartengono più alla vita e alle condizioni odierne della città. Mi riferisco al fatto, accaduto nel 1300, di aver vinto una piccola battaglia dovuta ad una contesa circa alcuni confini del comune di Treviso; e al fatto, forse più significativo, accaduto nel 1312, della deposizione di un signore della città che tiranneggiava gli abitanti di Treviso. Oggi sono altri i problemi o le vicende che ci preoccupano o che ci coinvolgono. E forse eventuali vittorie o realizzazioni della società non suscitano più bisogno di esprimere gratitudine alla Madonna».
IL MONITO
Ma sono state anche altre le parti importanti del suo discorso, con riferimenti molto attuali legati a temi delicatissimi come accoglienza e integrazione: «L'azione di rovesciamento operata da Dio fa sì che i superbi vengano dispersi, i potenti siano deposti dai troni, i ricchi si ritrovino a mani vuote; mentre gli umili e gli affamati, cioè i più poveri, siano innalzati. È quello che dichiara Gesù, quando afferma, anch'egli con un'affermazione, per così dire, sovvertitrice: gli ultimi diventeranno primi. Potremmo dire: coloro che i comuni criteri umani pongono all'ultimo posto, per Dio sono al primo». Poi il vescovo ha sottolineato: «Penso, in particolare, al bisogno e al dovere di ringraziare il Padre, guardando alla nostra città e alla nostra Chiesa trevigiana, per la presenza tra noi di tutti coloro che non si lasciano guidare dalla logica perversa dei forti e dei potenti che ignorano e addirittura schiacciano gli umili e i poveri, ma riconoscono e si prendono cura degli ultimi, dei sofferenti, dei piccoli, dei soli, dei rifiutati, dei disperati, di chi vive situazioni diverse di precarietà, solitudine, abbandono, sofferenza. Non mancano, anche nella nostra città, coloro che, con un cuore grande e generoso, in forme visibili o nascoste, a livelli più istituzionali o professionali o nell'intimità della loro casa, o nel volontariato si fanno prossimi verso i molti feriti dalla vita o sono resi emarginati».
Michele Miriade
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