Falciato e ucciso sul cavalcavia: «Colpa del Comune»

Sabato 17 Marzo 2018
IL RICORSO
TREVISO Serve una perizia super partes perché quella della Procura non ha adeguatamente valorizzato aspetti, altresì evidenziati dagli esperti della difesa, dei quali il giudice di primo grado non ha tenuto conto nella sentenza di condanna. E uno degli argomenti che fanno parte dell'appello con il quale gli avvocati Fabio Capraro e Francesco Fava chiedono la cancellazione della condanna a 4 anni e sei mesi inflitta alla barista 39enne Federica Dametto, di Casier. Secondo l'accusa, il 3 settembre 2015, l'imputata avrebbe travolto e ucciso, dandosi poi alla fuga, il 37enne Enrico Scarabello, commerciante di Carbonera, sul cavalcavia di San Giuseppe. La donna falciò e ferì anche Elisa Zanardo, la moglie del 39enne, che risarcita dall'assicurazione (alcune centinaia di migliaia di euro) ha revocato la costituzione a parte civile. Proprio l'attenuante del risarcimento è valso a Dametto la riduzione della condanna rispetto ai 7 anni proposti dal pm Barbara Sabbatini.
SENTENZA DA CANCELLARE
Molte le criticità della sentenza evidenziate dagli avvocati Capraro e Fava: «La ricostruzione della dinamica dell'investimento da parte del consulente della Procura - la tesi difensiva - non sarebbe adeguata». I legali della Dametto evidenziano la poca attenzione riservata dal giudice al comportamento dei pedoni (la vittima e la moglie), ponendo in risalto l'imprevedibilità del loro comportamento. L'obiettivo? Dimostrare che c'è stata una corresponsabilità e che il giudice non l'ha adeguatamente valutata. Per questo viene richiesta la nuova perizia tecnico-ricostruttiva, tenendo conto anche dei filmati analizzati nel processo di primo grado. Nell'appello viene chiesto di valutare le carenze viarie che chiamerebbero in causa il Comune. Fatto escluso dal giudice in sentenza. Uno degli aspetti più particolari sostenuti dalla difesa in primo grado: se le regole del codice della strada - la tesi - fossero state rispettate, l'investimento sarebbe state evitato.
OMISSIONE E DROGA
L'omissione di soccorso, riconosciuta alla Dametto, per i legali dell'imputata non sussisterebbe - in diritto e in fatto - per la contraddittorietà delle versioni dei testimoni. In relazione alla guida annebbiata da alcol e metadone per gli avvocati Capraro e Fava, il Tribunale avrebbe disatteso le perizie dei consulenti della difesa: «Non sono state valutate le tesi dei consulenti della difesa».
LE CONCLUSIONI
Per gli avvocati Capraro e Fava, Federica Dametto merita la piena assoluzione da tutte le accuse oppure per insufficienza di prova. Secondo i legali non si è formata la prova della colpevolezza o della responsabilità, al di là di ogni ragionevole dubbio, della barista di Casier. In subordine chiedono il riconoscimento di altre responsabilità(pedoni e Comune) e delle attenuanti. In quest'ultimo caso la pena per l'imputata potrebbe scendere tra i 3 e i 2 anni e mezzo, con la possibilità dell'affidamento ai servizi sociali.
Roberto Ortolan
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