Christian stamattina dal giudice: «Spiegherò tutto»

Lunedì 17 Giugno 2019
L'INCHIESTA
TREVISO È pronto a parlare. A spiegare al magistrato cos'è successo in quegli interminabili novanta secondi. Era in auto nel parcheggio dove avrebbe consumato la violenza sessuale nei confronti dell'ex fidanzatina. E un attimo dopo era lungo il rettilineo, a bordo della Mito, con la ex che voleva troncare definitivamente il rapporto con lui. E ha sbandato mentre arrivava un'auto, provocando un frontale che è costato la vita a Giuseppina Lo Brutto. Christian Barzan, 22enne di Quinto, studente in economia, assistito dall'avvocato Fabio Crea, stamattina alle 10 sarà sottoposto a interrogatorio di garanzia davanti al gip Angelo Mascolo e dovrà rispondere di pesanti accuse: omicidio, tentato omicidio, stalking e violenza sessuale.«Vuole parlare» dice l'avvocato Crea, che ha incontrato il giovane nei giorni scorsi. «Ho sbagliato, ma non sono un mostro. Non volevo uccidermi e non volevo uccidere» gli ha detto. Mentre la sua ex fornisce una versione diversa di quel rapporto duranto cinque anni che aveva deciso di troncare già a gennaio. Ma lui non si rassegnava e le riempiva il cellulare di messaggi. Due verità che saranno messe a confronto nel corso dell'indagine e stamane il magistrato sentirà la versione di Barzan, dopo aver già ascoltato due volte quella dell'ex fidanzata.
LA CRITICA
Intanto, l'avvocato Crea prende posizione stigmatizzando chi si lancia in imprudenti analisi, diagnosi, valutazioni tecniche in relazioni a fatti giudiziari e a persone in essi coinvolti. Paolo Crepet non è nominato, ma il riferimento è palese: «A tutti costoro dico stop. Non è accettabile che professionisti di calibro, senza conoscere nulla degli atti processuali, prendano nette posizioni, facciano l'indagine introspettiva, psicologica o psichiatrica partendo dal noto pregiudizio che un soggetto indagato è già colpevole, giudicando in tal modo definitivamente l'accusato di un delitto, a prescindere da qualsiasi sentenza». A Crea non vanno giù pregiudizi e conclusioni affrettate che sono proprie dell'uomo della strada e non certo di professionisti seri che prima di analisi definitive dovrebbero avere la decenza di conoscere atti processuali e soggetti coinvolti, senza far credere che solo loro siano portatori di verità assolute e che, invece, il mondo della giustizia sia popolato da azzeccagarbugli».
LA PRUDENZA
E ribadisce: «A tutti costoro dico che una denuncia non è una condanna e un ragazzo denunciato non è una bomba a orologeria solo perché certificato da qualcuno che, appropriandosi di verità unilaterali, non avendo mai conosciuto il ragazzo, non avendo avuto la possibilità di leggere gli atti, non ha avuto la pazienza e l'umiltà di attendere una sentenza definitiva. Evidentemente non è prassi in altri ambiti professionali o sui prosceni mediatici utilizzare la prudenza e la morigeratezza che sono, invece, criteri guida nel difficile mondo delle giustizia, che fa a meno di valutazioni e soluzioni approssimative di professionisti e opinionisti non direttamente coinvolti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci