Ater, assolti Pietrobon e l'ex direttore «Nessun peculato»

Mercoledì 21 Novembre 2018
Ater, assolti Pietrobon e l'ex direttore «Nessun peculato»
IL PROCESSO
TREVISO Tutti assolti con formula piena perché il fatto non sussiste i tre imputati per il caso del cosiddetto scandalo Ater. Questo l'esito del processo celebrato con il rito abbreviato dal giudice Angelo Mascolo a carico del sindaco di Paese ed ex presidente dell'Ater Francesco Pietrobon, dell'ex direttore dell'agenzia Flavio Bellin e dell'architetto veneziano Roberto Pescarollo, che il sostituto procuratore Gabriella Cama aveva indagato, a vario titolo, per i reati di falso, peculato e interesse privato in atti d'ufficio. «La luce alla fine del tunnel» ha commentato ieri Pietrobon, che ha aggiunto: «La sentenza ristabilisce la verità dei fatti e rende giustizia al mio profilo morale come amministratore pubblico e come persona».
IL CASO
Nel 2015 una lettera anonima alla Procura di Treviso denunciava irregolarità nella gestione del progetto relativo alla realizzazione della Casa dell'Acqua. Si trattava del restauro di un casolare a Portobuffolè che, secondo il progetto di Ater, avrebbe dovuto essere trasformato in una residenza per persone diversamente abili in collaborazione con l'associazione onlus Oltre l'indifferenza e la cooperativa Kalamita. L'acquisto da parte di Ater era avvenuto nel 2012 per un importo di 120mila euro, a cui seguì un primo stanziamento per la ristrutturazione di circa mezzo milione di euro ma presto diventati quasi un milione. Il corvo che aveva inviato l'esposto anonimo in Procura parlava di questo levitare di costi come di un fatto ingiustificato ma soprattutto puntava il dito sulla circostanza per cui Ater aveva comprato l'immobile dalla famiglia dell'ex sindaco di Portobuffolè Angelo Pescarollo, cugino di Roberto, l'architetto a cui l'agenzia territoriale per l'edilizia residenziale aveva affidato la progettazione a fronte di un compenso professionale sotto i 40mila euro che aveva permesso di dare l'incarico diretto senza bando di gara.
IL SEQUESTRO
Il primo atto dell'indagine fu clamoroso: nel 2015 nella sede di Ater, in pieno centro a Treviso a due passi da Piazza Vittoria, arrivò la Guardia di Finanza con un mandato di perquisizione. Venne sequestrata tutta la documentazione relativa a Casa dell'Acqua. Quasi due anni dopo il pubblico ministero Cama arrivò alla conclusione delle indagini formulando la richiesta di rinvio a giudizio per tutti e tre gli indagati: secondo la Cama vi era stata una enorme distrazione di denaro pubblico per scopi che non rientravano tra le finalità di Ater. Un progetto, hanno invece spiegato ieri i difensori, finanziato con risorse proprie dell'Ater, che aveva ricevuto il sostegno degli enti locali del territorio per il suo valore sociale e che aveva anche beneficiato di un contributo sostanzioso dell'agenzia regionale Avepa.
De. Bar.
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