LA TRAGEDIA
TREVISO «Spero sia fatta chiarezza su com'è morto mio fratello, ma so che non sarà facile perché in alcuni paesi dell'Africa, la vita non conta niente, e vale meno del costo di una pallottola. E forse Roberto dava fastidio a qualcuno». Gianni Artuso, agente della polizia locale di Treviso, sta tenendo i contatti con il Congo, dove martedì scorso ha perso la vita il fratello Roberto Artuso, vittima di un incidente in moto all'interno di un cantiere in cui lavorava a Betou, a Nord del Congo. Le informazioni sono ancora frammentarie, e soprattutto sono incerti i tempi in cui la salma del 57enne trevigiano potrà tornare in Italia. «Ora si trova a Bangu, e ci sono difficoltà persino a trasportarla a Brazzaville, la capitale».
L'ULTIMA TELEFONATA
Gianni Artuso aveva sentito al telefono il fratello solo poche ore prima della tragedia. «Lavorava per l'azienda di legname (la Likouala Timber), ma a fine anno il contratto sarebbe scaduto. Ci siamo parlati la sera prima dell'incidente, l'ho sentito preoccupato, ma anche felice per sua attività: aveva acquistato alcuni ettari di terreno per coltivare cereali ed era socio di una cooperativa. Ci stava lavorando da tempo e dall'Italia gli erano stati inviati anche dei mezzi agricoli da alcuni amici di Canizzano e Zero Branco. Mi aveva mandato la foto del ricovero attrezzi dove aveva messo il trattore, la seminatrice, una fresa. Le cose stavano andando per il meglio: aveva potuto contare anche sull'aiuto del Gruppo Alpini di Nervesa, che avevano inviato del denaro. Non vorrei mai che a qualcuno non andasse bene quello che stava facendo. Più volte mi ha detto: qui non devi avere paura delle persone di colore, ma dei bianchi».
IL DOLORE
I familiari hanno inoltre chiesto rispetto in questo momento di dolore dopo i tanti commenti, apparsi sul web, contro il 57enne, che da 4 anni aveva lasciato Treviso dove, assieme alla moglie, aveva amministrato decine di condomini creando infine un buco da oltre 500mila euro, al seguito del quale era stato condannato dal tribunale a due anni e due mesi. «Mio fratello ha fatto degli errori in passato - afferma Gianni Artuso -, ma stava cercando di ricostruirsi una vita lì in Africa, partendo da zero. E noi meritiamo di sapere tutta la verità su quanto accaduto». (a.belt)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: 16:30
© RIPRODUZIONE RISERVATA TREVISO «Spero sia fatta chiarezza su com'è morto mio fratello, ma so che non sarà facile perché in alcuni paesi dell'Africa, la vita non conta niente, e vale meno del costo di una pallottola. E forse Roberto dava fastidio a qualcuno». Gianni Artuso, agente della polizia locale di Treviso, sta tenendo i contatti con il Congo, dove martedì scorso ha perso la vita il fratello Roberto Artuso, vittima di un incidente in moto all'interno di un cantiere in cui lavorava a Betou, a Nord del Congo. Le informazioni sono ancora frammentarie, e soprattutto sono incerti i tempi in cui la salma del 57enne trevigiano potrà tornare in Italia. «Ora si trova a Bangu, e ci sono difficoltà persino a trasportarla a Brazzaville, la capitale».
L'ULTIMA TELEFONATA
Gianni Artuso aveva sentito al telefono il fratello solo poche ore prima della tragedia. «Lavorava per l'azienda di legname (la Likouala Timber), ma a fine anno il contratto sarebbe scaduto. Ci siamo parlati la sera prima dell'incidente, l'ho sentito preoccupato, ma anche felice per sua attività: aveva acquistato alcuni ettari di terreno per coltivare cereali ed era socio di una cooperativa. Ci stava lavorando da tempo e dall'Italia gli erano stati inviati anche dei mezzi agricoli da alcuni amici di Canizzano e Zero Branco. Mi aveva mandato la foto del ricovero attrezzi dove aveva messo il trattore, la seminatrice, una fresa. Le cose stavano andando per il meglio: aveva potuto contare anche sull'aiuto del Gruppo Alpini di Nervesa, che avevano inviato del denaro. Non vorrei mai che a qualcuno non andasse bene quello che stava facendo. Più volte mi ha detto: qui non devi avere paura delle persone di colore, ma dei bianchi».
IL DOLORE
I familiari hanno inoltre chiesto rispetto in questo momento di dolore dopo i tanti commenti, apparsi sul web, contro il 57enne, che da 4 anni aveva lasciato Treviso dove, assieme alla moglie, aveva amministrato decine di condomini creando infine un buco da oltre 500mila euro, al seguito del quale era stato condannato dal tribunale a due anni e due mesi. «Mio fratello ha fatto degli errori in passato - afferma Gianni Artuso -, ma stava cercando di ricostruirsi una vita lì in Africa, partendo da zero. E noi meritiamo di sapere tutta la verità su quanto accaduto». (a.belt)
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