Al Fermi da studente e professore dopo 50 anni Coviello va in pensione

Giovedì 17 Giugno 2021
Al Fermi da studente e professore dopo 50 anni Coviello va in pensione
L'INTERVISTA
TREVISO Il vicepreside Antonio Coviello si prepara a lasciare l'itis Fermi di Treviso dopo quasi mezzo secolo. Era entrato per la prima volta nella scuola del campus di San Pelajo come studente di chimica. Una volta conseguita la laurea, sempre in chimica, è ritornato come docente. E dopo averci insegnato per una vita, a settembre andrà in pensione.
Professor Coviello, si chiude un'era al Fermi.
«Ho messo piede per la prima volta al Fermi da studente nel settembre del 1972. E adesso mi appresto a uscire con l'altro piede nel settembre del 2021. Dopo praticamente cinquant'anni».
Quando è tornato come insegnante?
«Nel 1986. E da quel momento non mi sono più spostato. Ho visto passare 7 dirigenti scolastici. Da parte mia, ho sempre cercato di dare il meglio».
Gli ultimi due anni sono stati i più complicati?
«Senza dubbio. Il peso si sente. Non mi è mancato nulla in questi due anni: accorpamenti di scuole (con il Giorgi, ndr), la didattica a distanza, il progetto come scuola sentinella per il coronavirus e così via».
A proposito di Covid, com'è andata l'esperienza del monitoraggio?
«Bene, anche se è stata intensa. Per dare un numero, ci siamo scambiati oltre 1.400 mail con il servizio Igiene e sanità pubblica dell'Usl della Marca».
Un lavoro enorme dettato anche dal fatto che ci sono state alcune classi del Fermi costrette alla quarantena a causa dei contagi.
«Abbiamo avuto in particolare quattro classi in quarantena per la presenza di casi singoli. E' questo ciò che è stato definito focolaio. Una situazione che in questo periodo, purtroppo, è stata comune a molte scuole. Ma adesso le difficoltà maggiori sembrano alle spalle».
Com'è cambiata la scuola rispetto a 50 anni fa?
«Diciamo che è diventata più favorevole allo studente, più burocratica e più dispersiva. Insegnando le materie che avevo studiato qui negli anni precedenti, mi sono reso conto che erano migliori i programmi di allora. C'è stato un arricchimento generalizzato, ma senza mai rivedere concretamente le varie parti. Poi è cambiato il rapporto nei confronti dell'università».
In che senso?
«Quando ero studente, quelli che andavano all'università erano mosche bianche. Ora, invece, possiamo dire che il 70% dei ragazzi va all'università. Questo indica anche il fatto che una quarantina di anni fa avevi un'offerta di lavoro. Oggi non è più così».
Meglio adesso o meglio allora?
«Difficile dare un giudizio netto. Uno studente ora trova molti più stimoli. E' una scuola più accogliente e più attenta a comprendere i problemi dei ragazzi. La selezione viene fatta più sul versante lavorativo».
E il rapporto con le famiglie?
«Oggi sono molto più presenti e attente all'attività scolastica. Dall'altro lato, a volte tendono a proteggere un po' troppo i loro figli. Ma questo sta nelle cose. E' anche vero che adesso hanno strumenti come il registro elettronico che consente loro di controllare l'attività scolastica molto più efficacemente che allora. Alla fine, comunque, si riesce a garantire un buon livello di qualità. Negli anni l'istituto è cresciuto. Ed è diventata una bella scuola».

M. F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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