Advar: «Assistenza anche ai positivi» lavoro riorganizzato per evitare rischi

Mercoledì 2 Dicembre 2020
IL CASO
TREVISO Anche alcuni addetti dell'Advar sono risultati positivi al coronavirus. A comunicarlo è la stessa associazione che si occupa dell'assistenza a pazienti oncologici, specificando che il contagio non è avvenuto all'interno dell'hospice Casa dei Gelsi di via Fossaggera. «La diffusione del virus è difficilmente contenibile e, in alcuni casi, abbiamo ritenuto necessario eseguire tamponi di controllo anche tra i dipendenti non sanitari ha messo nero su bianco la presidente Anna Mancini nel complesso, i casi di positività sono risultati molto pochi. E il contatto positivo è stato sempre, all'origine, extra-lavorativo».
ASSISTENZA GARANTITA
Nonostante le difficoltà legate all'epidemia, l'Advar sta continuando a lavorare a pieno regime, attraverso le equipe di cure palliative, garantendo tutte le attività per le persone colpite da tumore. Dall'inizio della pandemia, tra l'altro, il numero delle assistenze è aumentato del 10%. Non si può mollare. «I pazienti inguaribili che assistiamo giornalmente sono ormai 70. La situazione in cui operiamo ci ha messo di fronte all'esigenza di portare le nostre cure anche a malati positivi al Covid-19, positivizzati in corso di assistenza o a contatto stretto di familiari: non possiamo negare la nostra assistenza sottolinea Mancini questo ha aumentato di molto il rischio che la nostra equipe possa essere contagiata. Di conseguenza abbiamo dovuto rafforzare l'attenzione e aumentare le misure di sicurezza, dalla dotazione dei dispositivi di protezione fino al monitoraggio settimanale dei nostri operatori, tramite tampone, effettuato in autonomia all'interno della nostra struttura».
LA RIORGANIZZAZIONE
Il lavoro è stato riorganizzato. Medici e infermieri restano sempre in prima linea. Mentre le altre figure, come psicologi e fisioterapisti, quando possibile lavorano con le video-chiamate. Stesso discorso per l'equipe di Rimanere insieme, dedicata all'elaborazione del lutto. Il concorso dei volontari di assistenza, invece, è stato inevitabilmente sospeso. «Tutto ciò per ridurre al minimo le possibilità di trasmissione del contagio, non potendo contare su un ricambio di professionisti specializzati in cure palliative», sottolinea la presidente. Come indicato dalle linee guida, ad oggi nell'hospice non vengono ricoverate persone positive al coronavirus. Ogni nuovo paziente viene sottoposto al tampone. Le visite dei familiari sono state ridotte al minimo indispensabile. «E le precauzioni per tutti coloro che entrano in contatto con i malati sono state portate al massimo livello», evidenziano. La pandemia, però, fa correre tutto sul filo del rasoio. «Se fino ad ora abbiamo retto l'urto tira le fila Anna Mancini dobbiamo realisticamente riconoscere che qualsiasi condizione peggiorativa esterna, ovvero un maggior carico di pazienti provenienti da ospedali che dimettono malati inguaribili in fase avanzata, o interna, come una diffusione dell'epidemia tra gli operatori, che può implicare di non far fronte alla copertura dei turni, non potrà che compromettere la nostra capacità di continuare a garantire l'assistenza a chiunque la chieda». «Il messaggio che vogliamo dare, però, è sempre lo stesso - conclude - faremo tutto il possibile per essere presenti sempre, con amore e professionalità, per chi soffre e, oggi più che mai, è costretto a condizioni di grande isolamento».
M.Fav
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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