Accusati di camorra: gli arrestati non parlano

Sabato 23 Febbraio 2019
GLI INTERROGATORI
TREVISO Solo Antonello Franzin, fra i 5 indagati trevigiani finiti nella rete dell'indagine dell'antimafia veneziana, ha deciso di parlare durante l'interrogatorio di convalida. Mentre Tommaso Ernesto Pizzo dovrà essere risentito dato che entrambi i suoi legali, il veneziano Vanis Zorzato e il ferrarese Alessandro Borra hanno rinunciato al mandato, tutti gli altri sono invece rimasti in silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere, da Ennio Cescon a Costantino Positò, passando per il faccendiere trevigiano Franco Breda, uno degli uomini chiave, secondo le indagini veneziane, delle attività dei casalesi di Eraclea nella Marca.
SONO INNOCENTE
L'unico a parlare è stato il 56enne Franzin, assistito dall'avvocato Luigi Fadalti e che attualmente si trova agli arresti domiciliari, ha respinto tutte le accuse. Secondo l'ipotesi investigativa il commerciante d'auto, titolare della Nuova Capital Auto di Quinto, avrebbe avuto solidi rapporti di conoscenza in particolare con Luciano Donadio, il boss camorrista di Eraclea da cui, in passato, sarebbe anche stato protetto dopo essere finito nel mirino di alcuni giostrai. Nell'ordinanza del gip di Venezia si ricostruisce infatti l'episodio relativo ad una presunta estorsione con cui finalmente Franzin ottiene il saldo di 45 mila euro per forniture di auto che pensava di aver perduto. Glieli deve un 'imprenditore, titolare di una concessionaria nel Veneziano, che quando si tratta di pagare sparisce dalla circolazione e non si fa più sentire. A sistemare le cose ci avrebbero pensato allora gli amici, minacciando l'imprenditore veneziano che finisce vittima di una vera e propria estorsione. Ma nell'interrogatorio di garanzia Franzin ha raccontato invece una storia diversa, respingendo tutti gli addebiti. La sua verità è quella di un grosso credito che non era riuscito a incassare perchè «la persona che mi doveva i soldi - ha spiegato - era letteralmente sparita e io non sapevo come fare».
IL CREDITO DA RISCUOTERE
È a quel punto che entra in scena il conoscente Ennio Cescon. «Sapevo che Cescon a San Donà conosce un sacco di gente - ha raccontato al giudice - e dato che la persona che mi doveva quei soldi è proprio di S. Donà gli ho chiesto un piacere». Quale? Quello di ritrovare il debitore e fare in modo che Franzin lo potesse contattare per chiudere i conti. «Quei 45 mila euro - ha precisato il 56enne rispondendo alle domande - sono tutti documentati nella mia compatibilità, soldi alla luce del sole per delle vendite che in effetti sono avvenute. Tutto regolare, tutto legale». E tutto liscio come l'olio, secondo Franzin, quando si è trattato di definire il rientro. «Ci siamo accordati in maniera assolutamente tranquilla, una volta ristabiliti i contatti abbiamo definito i dettagli per i termini e le modalità del pagamento. Un po' alla volta quei 45 mila euro sono rientrati e la storia è finita per il meglio». Le carte dell'indagine veneziana dicono invece che il debitore sarebbe stato minacciato. A mettere in atto l'estorsione ai suoi danni sarebbe stato il buon conoscente di Franzin, quell' Ennio Cescon, 55enne commerciante di autoveicoli trevigiano proprietario della Ateco di Salgareda. Uno di buona famiglia, con agganci ovunque e soprattutto nel Veneto Orientale, che avrebbe fatto capire al debitore che non era più il caso di tergiversare. . «È venuto qui e si è messo a piangere, ha una paura da cani» si raccontano Cescon e Donadio mentre sono intercettati al telefono. Le minacce sortiscono un accordo: 5 mila euro euro al mese che sarebbero stati riscossi direttamente da Donadio e poi girati a Franzin.
Denis Barea
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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