«VOLANDRI FORTUNATO QUEST'ITALIA È DA DAVIS» `

Lunedì 29 Novembre 2021
IL COLLOQUIO
Paolo Bertolucci era in campo nelle quattro finali in cinque anni ('76-'80), è stato capitano non giocatore dal '97 al 2000 (ultima finale azzurra nel '98) e commenta oggi in tv la nazionale guidata da Filippo Volandri.
IL LEADER
«Negli anni 70 Panatta era il numero 1: aveva vinto Roma e Parigi e aveva un forte carisma anche fuori del campo, era un personaggio; quand'ero capitano io, il leader era Gaudenzi, come risultati e perché era abituato a gestire i rapporti della squadra anche col presidente; oggi va ancora trovato, i ragazzi devono dimostrare responsabilità, portare a casa i risultati ed essere personaggi in assoluto, il primo candidato è Sinner, dopo Fognini che non gioca più i singolari».
IL PUNTO FORTE
«Avevamo uno più forte sul veloce, Adriano, che poi ha vinto sulla terra, uno forte sulla terra, Barazzutti, e un doppio versatile; a fine anni 90 c'era Gaudenzi e il doppio anomalo Gaudenzi-Nargiso; oggi ci sono 4/6 giocatori che possono adattarsi a superfici e avversari, con tante alternative anche in doppio, la formula ci penalizza, con la vecchia saremmo ancora più forti».
IL PUNTO DEBOLE
«Noi pagavamo sull'erba, ma abbiamo vinto anche in Inghilterra; la mia nazionale da capitano mancava di un forte numero 2: ho lanciato Sanguinetti sul veloce ma in singolare sono ricorso a Pozzi, che era da veloce; oggi c'è tanta grazia e le scelte sono più delicate».
LA PIÙ FORTE
«In assoluto, nessuno ha vinto i titoli di Adriano; la nazionale di mezzo ha raggiunto l'acme con la semifinale di Milwaukee, mai avrei pensato al 3-0 negli Usa; oggi abbiamo una finale di Wimbledon e una a Miami di ragazzi ancora giovani. Come talento Fognini ne ha tanto, come Panatta allora e Musetti oggi, ma il parallelo è delicato: noi giocavamo con racchette e palle diverse e scarpe di tela».
SQUADRA DA SOGNO
«A Volandri ho detto: Sei un capitano fortunato. Potendo scegliere guiderei questa nazionale: noi eravamo 4 e basta, quella che ho guidato io era la più risicata, questa è la più ricca».
I SEGRETI
«Noi eravamo cresciuti sognando di giocare la Davis, sapevamo che solo la Coppa ci dava un'esposizione mediatica di ore e ore; la nazionale che ho guidato io è stata caratterizzata dalle polemiche, dalle richieste economiche, al punto da svilire una finale in casa che magari, con questa formula, non capiterà più; oggi mi sembra un'Italia di bravi ragazzi che in Coppa hanno anche un riscontro economico molto importante».
IL CAPITANO IDEALE
«Per me è sempre stato Mario Belardinelli, a prescindere da chi sedeva in panchina: se avevo un problema sapevo chi guardare. Io non avevo le certezze di Adriano che decideva in 20 minuti e magari mi lasciava perplesso ma ho fatto esordire Sanguinetti sulla terra di Genova: rimase paralizzato ma poi sfrutto quell'esperienza; Volandri è un capitano fortunato».
EMOZIONI MASSIME
«L'acme è stato forse battere a Roma Newcombe e Roche, i miei idoli da ragazzino, o forse quando - su suggerimento di Belardinelli - cambiammo tutto in campo, ci mettemmo a fondocampo contro McNamara e McNamee e rovesciammo la partita, o quando Neale Fraser si disse felice quando ci ritirammo in doppio Adriano ed io, dopo avergli distrutto le sue super-coppie; come capitano non posso dimenticare le emozioni della semifinale di Milwaukee, ma anche la finale; quella di oggi può portare la seconda Davis. A parte, la Russia che ci è un po' superiore, tutte le altre nazioni ci sono inferiori».
Vincenzo Martucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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