SARRI: È UNA JUVE FEROCE

Sabato 14 Settembre 2019
SARRI: È UNA JUVE FEROCE
IL RITORNO
L'hanno chiamata la cena Del Cambio, dal nome del ristorante torinese che ha ospitato il vertice con la dirigenza a due giorni dal suo esordio sulla panchina bianconera, e mai nome è sembrato più azzeccato. Da oggi comincia ufficialmente l'era juventina di Maurizio Sarri che torna su una panchina di serie A dopo 482 giorni e lo fa sul campo dove alla guida del Napoli perse uno scudetto a portata di mano, una settimana dopo aver battuto la Signora sul suo terreno. Firenze evoca brutti ricordi al nuovo tecnico dei campioni d'Italia e lui stesso non lo nasconde: «Quella sconfitta (0-3 con tripletta di Simeone, ndr) brucia ancora e vorrei sostituirla con un risultato positivo. Anche se in famiglia qualcuno non sarà contento» aggiunge, alludendo al tifo viola della madre che quando seppe del suo accordo con la Juve minacciò di togliergli il saluto. La certezza è che Sarri non vedeva l'ora di rientrare, dopo la polmonite che l'ha colpito nelle scorse settimane obbligandolo a lasciare la panchina al fido Martusciello: «Non è stato semplice restare fuori, ringrazio lo staff medico che mi ha coccolato per 20 giorni, facendomi capire che era meglio fare subito un passo indietro per non essere costretto a farne dopo uno più lungo», spiega. Il nuovo mister si è subito calato nella parte: «In questi mesi ho capito che la forza della Juve è nell'organizzazione e nella mentalità, la Juve vince perché ha una mentalità feroce. Qui la vittoria viene archiviata in 30 secondi. Non ho mai detto che vinceva per gli aiuti o la fortuna, ma perché era più forte». Ritrova una squadra a punteggio pieno, anche se non ancora in condizione. «Contro il Napoli c'è stato un calo mentale, abbiamo preso due gol su palle inattive per distrazioni. Possiamo fare di più» ammette, lasciando intendere un cambiamento sostanziale rispetto al suo predecessore: «La gestione va improntata al possesso palla, abbassarsi e aspettare gli avversari diventa pericoloso». L'altra differenza con Allegri subito emersa riguarda la gestione della rosa. A Napoli Sarri si era dimostrato allergico al turnover e per ora ha confermato la tendenza a Torino, con un solo cambio nelle prime due giornate (De Ligt per Chiellini) dovuto peraltro al grave infortunio dell'azzurro.
IDENTITÀ
«Siamo in una fase in cui la squadra deve trovare identità e livello di organizzazione, è più difficile fare rotazioni che più tardi diventeranno indispensabili. Ora andiamo alla ricerca di un assetto che può garantirci qualcosa in più». Tradotto, a Firenze giocheranno gli stessi, nonostante i molti reduci dagli impegni con le nazionali. Scelta rispettabile che peraltro è destinata ad accentuare il malumore degli scontenti, a cominciare dagli esclusi dalla Champions. Per Mandzukic che non è stato convocato, l'ennesima bocciatura: «In allenamento mi ha fatto vedere meno rispetto a Higuain. Gonzalo non gioca per il rapporto che ha con me, ma perché è tornato quello di due-tre anni fa». Per Emre Can un confronto a quattr'occhi dopo le sue dure parole nel ritiro della Germania: «Bisogna considerare l'aspetto emozionale, al giocatore va data la possibilità di sfogarsi per poi affrontarlo con serenità. Penso di avere l'età giusta per capire certe reazioni». Comportamenti previsti prima di compilare la lista Champions: «Sapevo che avrei scontentato qualcuno e scegliere non è stato facile, ma questo dimostra la forza del nostro organico che ha un solo giocatore indispensabile». Ronaldo, chi altri?
Carlo Repetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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