LA STORIA
È uno spot per la vita la conferenza stampa di Sinisa Mihajlovic.

Domenica 14 Luglio 2019
LA STORIA
È uno spot per la vita la conferenza stampa di Sinisa Mihajlovic. Le lacrime sono impossibili da trattenere, la voce s'incrina ma non smette mai di uscire. È il cuore che parla. E lo fa alla gente. Parla da uomo con tutte le sue fragilità. Un messaggio di speranza per tutti. «Ho la leucemia» dice senza giri di parole l'allenatore del Bologna. Un pugno allo stomaco che arriva con tutta la sua forza e senza possibilità di arrestarlo. I suoi giocatori seguono la conferenza sul campo d'allenamento. Lo sapevano già, li aveva voluti informare prima degli altri. Hanno pianto. La squadra si lascia andare a un applauso lungo, affettuoso. Venti minuti di conferenza, in cui Sinisa ha spiegato la situazione e chiesto ai suoi giocatori di dare il massimo, scusandosi addirittura di non essere lì di persona. Si aggrappa da subito all'ironia perché di fronte ad un dramma così grande il sorriso è un'arma in più: «Ho visto il direttore tecnico Walter Sabatini che stava peggio di tutti, mi ha rubato la scena, e allora ho fatto di tutto per riavere l'attenzione». Poi torna il guerriero di sempre e non risparmia una frecciata a chi non ha voluto rispettare la sua privacy: «Avevo chiesto riservatezza perché volevo essere io per primo a dare la notizia. Purtroppo non tutti hanno rispettato questo desiderio». Guarda fisso verso il futuro e racconta passo dopo passo come ha scoperto la malattia: «Abbiamo fatto alcuni esami e abbiamo scoperto delle anomalie che non c'erano 4 mesi fa. Il 28 febbraio erano tutti normali, fino a maggio mi sono allenato. Non avevo nessun sintomo. Se non avessimo fatto ulteriori esami sarebbe andato avanti tutto come prima. Ho fatto altri controlli alle 15 e alle 21 ho scoperto i risultati». Il cuore si ghiaccia quando si addentra ancor più nel privato: «La cosa più difficile è stato far credere a mia moglie (Arianna era presente nella sala stampa di Casteldebole, ndr) che avevo la febbre, perché sono quarant'anni che non l'avevo. Quel giorno dovevo fare ulteriori accertamenti». Sinisa che si spoglia poi dei panni del guerriero per raccontarsi uomo: «È stata una bella botta, sono stato due giorni chiuso in camera a pensare a tutto, a riflettere, a piangere, ti passa tutta la vita davanti».
MARTEDÌ L'INIZIO DELLA CURA
Ma l'indole di combattente è più forte di ogni altra cosa e così dopo essersi interrotto qualche secondo per far uscire quelle lacrime che gli incrinano la voce, rimarca: «Non sono lacrime di paura. Io rispetto la malattia, ma so che la vincerò. La guarderò dritta negli occhi, non vedo l'ora di andare martedì all'ospedale, prima comincio e prima finisco. È in fase acuta ma attaccabile. Ci vuole tempo ma si guarisce». Una preghiera: «Ho bisogno di aiuto, ma non devo fare pena a nessuno: io non faccio pena a nessuno». E infine una lezione sulla prevenzione: «Faccio sempre i controlli periodici, perché mio padre è morto di cancro. La mia unica speranza è di averla presa in tempo, in anticipo». Tutto è cominciato il 10 luglio con un dolore all'anca. Con i medici del club inizia una serie di esami pensando prima ad un problema muscolare poi ad uno tendineo. La diagnosi invece è impietosa.
«È IL NOSTRO CONDOTTIERO»
Accanto a lui c'è il ds Sabatini che sgombera subito il campo da dubbi: «Questo uomo ha in mano il Bologna, gli vogliamo bene, noi siamo al suo fianco, andiamo avanti con lui, resta l'allenatore del Bologna qualsiasi cosa accada, preferisco Sinisa con 2-3% in meno che chiunque altro: gli basta per essere il migliore». Concetto ribadito dal presidente Saputo in una nota: «È e resterà l'allenatore del Bologna». I medico sociale Gianni Nanni rimarca: «Può continuare ad allenare anche se a volte sarà lontano dalla squadra per le cure». Tanti i messaggi d'affetto, su tutti quello dell'amico di sempre Roberto Mancini. «Sinisa non mollare, Bologna è con te», «Sarà bello far piangere anche questo nemico» gli striscioni fuori dal centro sportivo di Casteldebole. Appena uscito gli stessi tifosi lo sommergono con un abbraccio lungo, commovente e che profuma di vita. Ora è il tempo del silenzio e soprattutto del rispetto.
Emiliano Bernardini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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