«Scuola, la didattica integrata non favorisce l'occupazione»

Domenica 17 Gennaio 2021
«Scuola, la didattica integrata non favorisce l'occupazione»
ISTRUZIONE
ROVIGO In Veneto le scuole superiori continueranno ad adottare la didattica digitale integrata per il 100 per cento degli studenti fino al 31 gennaio. Pur se garantita la possibilità di svolgere attività in presenza quand'è necessario utilizzare i laboratori, o per assicurare l'inclusione degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali, il prolungato ricorso alla didattica digitale potrebbe aggravare abbandono e dispersione scolastica. Con un tasso di abbandono scolastico del 12,2 per cento (dato 2017), il Polesine è la seconda provincia dopo Verona (15,3%) in questa classifica in Veneto, dove la media regionale era al 10,5% nel 2017 (scesa all'8,4 nel 2019 rispetto al 13,5% di media nazionale). E con le vite stravolte dal covid, è evidente che è indispensabile sostenere i processi di apprendimento, e considerare che il disagio degli studenti non si limita alla sfera scolastica, e rischia di diffondersi soprattutto nelle famiglie monogenitoriali e monoreddito. Come si può rinforzare il filo tra studenti e insegnanti finché la didattica sarà digitale? «Alle superiori i ragazzi sono ritenuti abbastanza autonomi per seguire le lezioni da soli e impegnarsi in maniera sufficiente - rileva però il segretario provinciale della Uil scuola Alessandro Casarotti - lo scoglio è quando mancano mezzi informatici adeguati o una connessione sufficiente. Molti studenti seguono poi le lezioni dai propri cellulari, non certo i mezzi più adatti: le scuole possono dare in comodato un certo numero di computer o modem, a volte però non bastano. In primaria e medie il problema è ancora più serio. I bambini non possono certo restare a casa da soli, in caso di quarantena o scuola in zona rossa. E per non perdere giornate di lavoro, ai genitori non resta che impiegare una baby sitter, col limite del budget concesso dai finanziamenti disponibili, cioè mille euro, o ricorrere allo smart working quand'è possibile».
FUTURO A RISCHIO
A bassi apprendimenti e abbandoni precoci si lega la disoccupazione: il futuro di molti giovani è a rischio? «Chi abbandona per le ristrettezze economiche causate dalla pandemia, o perché non è in grado di seguire le lezioni a distanza o con altre modalità di didattica digitale, non potrà che entrare tra i numeri dei disoccupati. Il Polesine è da decenni l'area a maggiore disoccupazione in Veneto: il 28,7% se si parla di giovani. I presupposti sono allarmanti, e con le chiusure di attività per la pandemia i dati non potranno che aggravarsi. C'è da dire che dirigenti e singoli insegnanti si stanno impegnando molto per cogliere e prevenire i casi di disagio: hanno bisogno però di supporto, anche economico, per portare avanti azioni mirate. E ne hanno bisogno le famiglie, prima di tutto».
In una recente indagine nazionale di Save the children e Ipsos su studenti tra 14 e 18 anni, il 28% degli intervistati ha risposto che con il lockdown di primavera c'è stato almeno un proprio compagno di classe che ha smesso di frequentare le lezioni. «In Polesine, nelle secondarie, specie gli istituti professionali, almeno uno studente per classe ha avuto grosse difficoltà a proseguire la frequenza a distanza, a volte anche più di uno». Nella stessa indagine il 38% giudica la didattica a distanza un'esperienza negativa, e per il 35% la propria preparazione scolastica è peggiorata. Come ha funzionato negli ultimi mesi la Dad? «Scuole e insegnanti stanno dando il massimo: è una modalità di insegnamento nuova e il ministero dell'Istruzione, in un primo momento, ha lasciato le scuole sole a organizzarsi, facendo affidamento sullo spirito di servizio di insegnanti e dirigenti. Solo in un secondo momento sono uscite delle linee guida. Il problema è che la scorsa estate si sono investite molte risorse per preparare le scuole a lavorare in presenza, e troppo poco per implementare la Dad, specie per dispositivi e connessioni. In alcune scuole gli insegnanti fanno lezione da casa perché le reti wi-fi della scuola sono deboli. Oppure fanno lezione da scuola con i propri computer perché quelli della scuola sono datati e non supportano i flussi di dati delle reti moderne».
Nicola Astolfi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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