OSPEDALE
ROVIGO Sono sei i pazienti tenuti sotto osservazione a Rovigo per il

Lunedì 24 Febbraio 2020
OSPEDALE ROVIGO Sono sei i pazienti tenuti sotto osservazione a Rovigo per il
OSPEDALE
ROVIGO Sono sei i pazienti tenuti sotto osservazione a Rovigo per il Covid-19 da venerdì. Ieri mattina, infatti, ne sono stati ricoverati altri due, entrambi polesani, dopo la valutazione del 118, nel reparto di Malattie infettive. Tutti e sei, spiega il direttore generale dell'Ulss Polesana Antonio Compostella, oltre a un particolare quadro sintomatologico, hanno anche avuto contatti diretti con il polo epidemiologicamente a rischio dell'ospedale di Schiavonia. Di questi sei casi, per tre è già arrivato un primo responso, fortunatamente negativo, dal test, il tampone che si esegue prelevando un campione di muco e inviandolo poi ai laboratori specializzati. Per il paziente ricoverato venerdì, padovano, e per i due di ieri mattina, invece, il responso è in arrivo, si attende l'ufficialità. In ogni caso, non c'è alcun focolaio polesano, visto che si tratta casi riconducibili, attraverso il comune passaggio dall'ospedale di Schiavonia, a quello zero dei coniugi Trevisan di Vo' Euganeo. In un caso, si tratta di un operatore sanitario.
«Nessuno di loro presenta sintomi gravi - spiega Compostella - ma il ricovero e l'osservazione precauzionali sono stati attivati sulla base di quanto prevedono i protocolli in presenza della componente epidemiologica, dovuta al contatto con Schiavonia, e della presenza di sintomi compatibili con quelli del Covid-19».
EVITARE IL PANICO
L'ospedale di Schiavonia, a Monselice, dista una ventina di chilometri da Rovigo e sono molti i lavoratori che risiedono in Polesine. Così come molti sono i pazienti polesani che seguono terapie specifiche nell'ospedale padovano. «In momenti come questi - rimarca direttore generale dell'Ulss 5 - una corretta informazione è davvero essenziale, perché c'è la necessità di fornire le giuste indicazioni, anche nell'ottica della prevenzione, evitando che la poca chiarezza possa favorire panico immotivato, creando ulteriori difficoltà al sistema sanitario già alle prese con uno sforzo importante. Anche per questo, la scelta a livello regionale è stata quella di cercare di mantenere una comunicazione unitaria, come è stato ribadito nella riunione di coordinamento fra tutti i direttori delle Ulss venete, il presidente Luca Zaia e l'assessore Manuela Lanzarin».
Una cosa, tuttavia, Compostella tiene a sottolineare: «Voglio ringraziare tutto il nostro personale per l'encomiabile impegno. In questo momento già delicato, per noi lo sforzo, che è sia fisico che psicologico, è ancora maggiore alla luce della chiusura dell'ospedale di Schiavonia».
Questo ha prodotto un inevitabile sovraccarico in tutti i reparti rodigini, oltre al Pronto soccorso e al reparto di Malattie infettive, già sotto stress. Particolarmente sollecitato, inevitabilmente, anche il Suem 118. Proprio su questo fronte, la Regione ha attivato un numero verde specifico per il coronavirus. «Le persone che temono di essere entrate in contatto con soggetti infetti, ma che non hanno alcun sintomo o che presentano sintomi lievi come febbre o tosse senza difficoltà respiratoria, non devono chiamare il 118 e non devono recarsi in ospedale: devono rivolgersi al numero verde 800462340. Si raccomanda di chiamare il 118 in caso di difficoltà respiratoria».
Per quanto riguarda le procedure, oltre alle ulteriori misure adottate nelle ultime ore, resta valido il protocollo previsto dalla circolare diramata il 22 gennaio dal ministero della Sanità. «I casi sospetti vanno visitati in un'area separata dagli altri pazienti e ospedalizzati in isolamento in un reparto di malattie infettive, possibilmente in una stanza singola, facendo loro indossare una mascherina chirurgica, se riescono a tollerarla. Il numero di operatori sanitari, di familiari e di visitatori a un caso sospetto deve essere ridotto e deve essere registrato. Il personale sanitario, ove possibile, essere dedicato esclusivamente a questi pazienti per ridurre il rischio di trasmissione. Si raccomanda che il personale sanitario, oltre ad adottare le misure standard di biosicurezza, applichi le precauzioni per prevenire la trasmissione per via aerea e per contatto. Se è necessario trasportare il paziente fuori dalla stanza di isolamento, usare percorsi predeterminati per minimizzare la possibile esposizione di personale sanitario, altri pazienti e visitatori».
Francesco Campi
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