L'omicidio fra le roulotte: «Non volevamo uccidere nessuno»

Giovedì 11 Febbraio 2021
L'omicidio fra le roulotte: «Non volevamo uccidere nessuno»
IL DELITTO
ROVIGO «Annalisa mi è apparsa una persona semplice, non certo la persona fredda e spietata come sembra emergere dalla lettura dei fatti che dà la Procura e che il giudice per le indagini preliminari sembra avallare. Per questo, presto chiederà di essere interrogata».
LA DIFESA
L'avvocato Sandra Passadore assiste Annalisa Guarnieri, la 26enne che insieme al 17enne fidanzato è accusata dell'omicidio premeditato del padre di lui, Edis Cavazza. Nella ricostruzione accusatoria, incentrata in buona parte sul racconto di uno dei fratelli del 17enne, di tre o quattro anni più piccolo, che avrebbe detto di aver assistito alla scena a differenza degli altri rimasti nella roulotte più grande, la premeditazione viene sostenuta sulla base dell'acquisto dei due machete una decina di giorni prima, nonché sul fatto che abbia spalleggiato e incitato, il compagno a scagliarsi contro il padre, tenendo sotto la minaccia dell'altro machete i fratelli e la madre.
I DUE MACHETE
«I machete sono due e sono stati acquistati per fare pulizia degli arbusti vicini alla roulotte che i due ragazzi stavano sistemando chiarisce l'avvocato - Ma quel pomeriggio ne è stato usato uno solo, Annalisa ha solo tenuto in mano il fodero di quello che il ragazzo ha impugnato con l'idea di tenere a bada il padre che aveva bevuto cartoni di vino e una bottiglia di vodka». Anche questo sembra aver alimentato la tensione. Il 17enne e Annalisa erano rimasti al campo per sistemare la loro roulotte, che, spiega l'avvocato, doveva essere una sistemazione temporanea: di fatto lei non viveva lì, ma da suo padre. Ma l'idea era quella di trasferirsi insieme a Trieste, dalla madre di lei: «Stavano cercando di costruirsi una propria vita, lontano da quella situazione di degrado e continue liti non solo all'interno del nucleo familiare, ma anche son le altre famiglie di sinti».
LA RICOSTRUZIONE
Secondo il racconto della 26enne, Edis, la moglie e gli altri figli erano andati dai parenti a Pezzoli, poi la madre ed i figli sarebbero rientrati accompagnati dallo zio, perché il 45enne avrebbe litigato con gli altri e il 17enne si sarebbe arrabbiato anche con la madre. Poi il padre è tornato, in auto, per allontanarsi nuovamente dicendo che andava da altri parenti, a Conselve. Poco dopo, però, sarebbe tornato, ed è quello il momento in cui il figlio, si è diretto di corsa verso di lui, mentre era ancora in auto, all'ingresso del campo. La 26enne si sarebbe affacciata solo mentre il padre si allontanava barcollando e il 17enne l'ha chiamata dicendole di salire in macchina e di prendere il machete che era a terra.
«Quando si sono allontanati il padre era ancora vivo, lei mi ha detto che l'aveva visto barcollare, ma non era una cosa strana perché era ubriaco come spesso gli accadeva. I due ragazzi sono stati poi avvertiti da uno zio che al campo c'erano polizia e ambulanza e che non andassero da lui che non voleva casini. Ancora però non sapevano che il padre era morto, l'hanno saputo solo dopo, da un'altra telefonata. È anche per questo che chiederò che venga effettuata un'accurata analisi sui telefoni. È allora che hanno gettato il machete dalla macchina, ma Annalisa ha subito riferito agli inquirenti quale fosse il punto dove l'aveva gettato. Non hanno mai voluto scappare». Il punto centrale di questo racconto è che non solo non ci sarebbe stata premeditazione, ma anzi l'uccisione del 45enne sarebbe stata un incidente.
LA FERITA
Secondo le prime ricostruzioni la ferita mortale, fra l'altro, non risulterebbe prodotta da un violento fendente, quanto piuttosto dalla lama che si è conficcata all'altezza della clavicola. Secondo la versione della 26enne, il machete sarebbe stato tenuto spianato, a mettere distanza, ed il padre si sarebbe avvicinato barcollando, venendo così ferito.
Francesco Campi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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