L'INCHIESTA
ROVIGO Il Tribunale del Riesame di Venezia ha deciso: Rubens Pizzo,

Sabato 20 Aprile 2019
L'INCHIESTA
ROVIGO Il Tribunale del Riesame di Venezia ha deciso: Rubens Pizzo, il 45enne gestore di locali e organizzatore di eventi, arrestato lo scorso 16 marzo nell'ambito dell'inchiesta che lo vede accusato dell'ipotesi di reato di usura, resta ai domiciliari. E' stata infatti respinta la richiesta di revoca o alleggerimento della misura cautelare disposta nei suoi confronti dal giudice per le indagini preliminari Silvia Varotto. Ai domiciliari con la stessa accusa è finito, sempre il 16 marzo, anche Pietro Gianella, 52enne imprenditore nel settore ittico, di Goro, che lo scorso 11 aprile ha deciso di rompere il silenzio offrendo la propria versione dei fatti. Ovvero, di essere stato sostanzialmente una mero intermediario fra un cinese, che risulterebbe essere il terzo indagato, ma nei confronti del quale non è stata disposta alcuna misura cautelare, e i due commercianti di frutta e verdura, padre e figlio, che hanno poi rotto il velo di silenzio, raccontando ai carabinieri di Adria, di essere finiti nel tunnel dell'usura e dando avvio alle indagini, a fine 2017.
IL TERZO UOMO
Gianella ha anche specificato che lui e Pizzo non solo non si sono mai incontrati né parlati, ma che non si conoscono nemmeno fra di loro. L'unico legame fra i due, secondo quanto è trapelato, sarebbe quindi il terzo uomo, un amico in comune, l'ulteriore indagato. Dalle indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri di Rovigo, ora coordinate dal sostituto procuratore Sabrina Duò, a carico di Pizzo sarebbe emerso un prestito più che sospetto a una 27enne residente a Rovigo, ma titolare di un negozio in provincia di Bologna. Secondo gli inquirenti, Pizzo avrebbe prestato, fra giugno e dicembre scorsi, una somma pari a 60mila euro alla donna, chiedendone la restituzione con un tasso del 200%. Nell'interrogatorio di garanzia, Pizzo, difeso dagli avvocati Michele Brusaferro e Dania Pellegrinelli, ha deciso di sottoporsi alle domande del giudice per le indagini preliminari, spiegando che tutto sarebbe insorto per un equivoco: non si sarebbe trattato di usura, ma di un prestito a un'amica e la somma prestata non sarebbe stata di 60mila euro, ma di circa il doppio, per cui non sarebbe stata richiesta la restituzione con un tasso del 200%, come sostiene l'accusa, ma dello stesso importo inizialmente prestato. Una prima richiesta di revoca dei domiciliari era già stata avanzata al giudice in quell'occasione, che l'aveva però respinta, ora è arrivata anche l'analoga del Tribunale del Riesame di Venezia.
Francesco Campi
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci