Il parere dell'esperto: «Più in alto le cavane»

Domenica 17 Novembre 2019
ASSETTO IDROGEOLOGICO
ROVIGO Le opere necessarie all'equilibrio idrogeologico del Veneto e dell'Italia sono definite già da 50 anni: il problema è che non sono state realizzate. A ricordare la necessità di recuperare il lavoro della Commissione De Marchi, costituita nel 1967, è l'ingegnere rodigino Gianpaolo Milan. La relazione conclusiva di quella Commissione interministeriale, istituita per lo studio della sistemazione idraulica e la difesa del suolo, consegnata nel 1970, arrivò dopo 25 anni di catastrofi idrogeologiche.
SICUREZZA DEL TERRITORIO
L'ingegner Milan, tra le infrastrutture di cui s'è occupato nella sua attività professionale, ha avuto l'opportunità di seguire «la seconda opera di difesa idraulica più importante, dopo il Mose, realizzata negli ultimi 50 anni: la diga di laminazione di Ravedis», ritenuta a livello nazionale un modello di gestione idraulica del territorio. È servita a mettere in sicurezza la pianura di Pordenone in caso di alluvione, e Milan ne è stato ingegnere capo delle opere di completamento, direttore dei lavori delle opere complementari e integrative, oltre che responsabile unico del procedimento per le opere funzionali all'attivazione dell'invaso. Oggi, davanti all'ennesimo disastro da allerta-meteo, c'è solo la consolazione che «in questi giorni la neve caduta in montagna ha evitato ai nostri fiumi ulteriori problemi, che fortunatamente non si sono sommati a quelli da mare. L'impostazione del lavoro della Commissione De Marchi - spiega l'ingegner Milan - resta un caposaldo per la riduzione dei rischi ambientali. Certo, ha bisogno di essere aggiornata, ma la verità è che dal 1966 è stato fatto ben poco dal punto di vista infrastrutturale». Milan elenca l'invaso del Bilancino per la messa in sicurezza di Firenze, la diga di Ravedis e, l'opera principale, il Mose, tra gli interventi infrastrutturali più rilevanti, svolti secondo la pianificazione per la sicurezza idrogeologica in Italia. E il resto? «Negli ultimi anni s'è fatta tanta carta e molte simulazioni, ma poche opere». In ambito regionale, finora «i bacini di laminazione sono avvenuti a spot - spiega Milan -. I letti del Brenta e del Tagliamento sono ancora a rischio, e per quanto riguarda il Po, dopo l'ansa di Volta Vaccari e la doppia ansa di Corbola, le grandi opere si sono fermate: l'Aipo ha potuto svolgere opere di presidio e di salvaguardia, ma vasche di laminazione e golene non sono più state fatte in particolare da quando è avvenuto il passaggio di competenze dal Ministero dei Lavori pubblici al Ministero dell'Ambiente».
IL FLAGELLO NEL DELTA
Intanto la mareggiata nel Delta ha distrutto le cavane dei pescatori. «Le cavane sono da posizionare a una quota idrometrica sopra la linea di massimo livello storico, in quanto se sottoposte a galleggiamento, crollano. E le alte maree sono eventi che fanno parte della natura. Ricordo che i lavori successivi agli allagamenti di Boccasette e Scardovari nel 66, con realizzazione di argini a mare a quota +4,5 metri su medio mare, dimostrano che non abbiamo più avuto alluvioni da mare: significa che sono opere pensate e fatte bene». Ora c'è la corsa a dire che il Mose va completato il prima possibile. «In Italia, purtroppo, di solito si fanno partire 10 interventi con la copertura del 30 o 40% delle risorse necessarie, e poi si incagliano. Meglio fissare delle priorità e finanziare un'infrastruttura alla volta, coprendo il 110% dei costi previsti, perché in corso d'opera le difficoltà possono sempre nascere. Il Mose - afferma l'ingegner Milan - va portato a termine e occorre accelerare al massimo i lavori, con le risorse economiche necessarie per agire in tempi rapidi, perché ciò che è successo in questi giorni potrà accadere di nuovo. È un progetto che hanno realizzato tecnici preparati ed esperti: ora serve rapidità negli interventi, e bisogna cominciare a fare le prove della struttura».
Nicola Astolfi
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