IL CASO
ROVIGO Non si sarebbe trattato di usura, ma di un prestito a un'amica

Sabato 23 Marzo 2019
IL CASO ROVIGO Non si sarebbe trattato di usura, ma di un prestito a un'amica
IL CASO
ROVIGO Non si sarebbe trattato di usura, ma di un prestito a un'amica e la somma prestata non sarebbe stata di 60mila euro, ma di circa il doppio, per cui non sarebbe stata richiesta la restituzione con un tasso del 200% come sostiene l'accusa, ma dello stesso importo prestato: questa la spiegazione fornita da Rubens Pizzo, il 45enne gestore di locali e organizzatore di eventi, ai domiciliari da sabato scorso, nell'interrogatorio di garanzia. Pizzo si è presentato in Tribunale insieme ai suoi avvocati Michele Brusaferro e Dania Pellegrinelli e ha deciso di rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari Silvia Varotto. A suo carico risulterebbe solo un prestito a una 27enne residente a Rovigo, titolare di un negozio in provincia di Bologna. A far finire sotto accusa Pizzo sarebbero state delle intercettazioni nell'ambito di un'inchiesta più ampia che ha preso le mosse nel Delta. Insieme a Pizzo, una settimana fa, è stato arrestato per la medesima ipotesi di reato di usura, anche il 52enne di Goro, Pietro Gianella, imprenditore nel settore ittico. Da quanto trapelato, fra i due non vi sarebbe alcun legame diretto, che potrebbe essere casomai in una terza persona conosciuta da entrambi, che potrebbe essere a sua volta indagata.
LA STORIA
Tutto sarebbe partito oltre un anno fa dalle dichiarazioni di un commerciante nel settore ortofrutticolo, di origine padovana, con un negozio in Basso Polesine, che avrebbe ammesso ai carabinieri di Adria di essere finito nel tunnel dell'usura insieme al figlio. Anche per Gianella, difeso dall'avvocato Stefano Massari, ieri mattina si è tenuto l'interrogatorio di garanzia, ma si è avvalso della facoltà di non rispondere. Pizzo ha cercato di chiarire come il prestito fosse stato fatto per generosità nei confronti di un'amica e che gli assegni non datati da lei firmati, sequestrati dai carabinieri, corrisponderebbero all'importo totale.
La difesa ha chiesto che venissero revocati gli arresti domiciliari. Si è opposto il sostituto procuratore Sabrina Duò, che coordina le indagini, evidenziando come le dichiarazioni di Pizzo non sarebbero coerenti con altri elementi emersi. Varotto, già dopo poche ore, ha sciolto la riserva, confermando i domiciliari.
LA DIFESA
«Pizzo - commenta l'avvocato Brusaferro - rispondendo a tutte le domande, riteneva di aver chiarito la sua estraneità ai fatti. L'imprenditrice bolognese, presunta persona offesa, che non ha denunciato Pizzo, era stata sentita dalla difesa in sede di indagini difensive il 17 marzo e aveva confermato i fatti come Pizzo da subito aveva descritto. Successivamente, la presunta parte offesa veniva sentita dalla polizia giudiziaria. Di tale dichiarazione la difesa non ha ancora preso visione, in quanto depositata solo contestualmente all'interrogatorio. Dal tenore dell'ordinanza di rigetto, la dichiarazione risulterebbe essere diversa da quella resa il 17 marzo e non coincidere neppure con l'imputazione provvisoria contestata a Pizzo. Varie circostanze introdotte dal giudice nell'ordinanza di rigetto, risultano errate alla luce dei documenti agli atti. Si rimane in attesa dell'udienza di riesame, già richiesta».
Francesco Campi
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