Gli angeli gialli che lo hanno salvato «Piangeva, gli ho accarezzato il viso»

Giovedì 25 Aprile 2019
Gli angeli gialli che lo hanno salvato «Piangeva, gli ho accarezzato il viso»
GLI ANGELI DEL SUEM
ROVIGO «Nel nostro lavoro i momenti di gioia sono molto rari, fronteggiamo sempre situazioni delicate e difficili, ma questo ci ha dato un'enorme gratificazione: la paura nell'andare, quando ci è stato detto che c'era un neonato morto e la gioia di scoprire che era vivo e che poteva farcela è stata un altalena di emozioni belle e drammatiche».
Ieri mattina le tre persone che componevano la squadra di soccorso partita dalla Casa di Cura Madonna della Salute di Porto Viro e accorsa al cimitero di Rosolina, che hanno prestato le prime cure al piccolo abbandonato subito dopo la nascita, con la loro divisa gialla hanno vestito i panni di angeli in carne ed ossa: le loro mani hanno salvato un neonato.
L'EQUIPE
Sono il medico ferrarese Anna Tarabini, l'autista soccorritore Marco Marangon, di Loreo, con la passione per il rally, e l'infermiera di San Martino di Venezze Giorgia Cavallaro. Ed è proprio lei ad aver per prima abbracciato il piccolo. Chiamato Giorgio proprio per questo. «L'avevo in braccio e piangeva racconta la 35enne infermiera - l'ho accarezzato sul visino e lui mi ha preso il dito con la bocca, segno che aveva fame. Per tutto il viaggio fino all'ospedale di Adria mi ha succhiato il dito mentre lo stringevo a me». Attimi emozionanti e commoventi. Arrivati dopo una chiamata di quelle che tagliano le gambe. Erano le 9.53 e i tre partono dopo che è stato detto loro che al cimitero di Rosolina è stato trovato un neonato senza vita. Il loro viaggio è, quindi, con la morte nel cuore. Ma all'arrivo, diversamente da quanto spesso accade, con la scena che si presenta ai soccorritori ancora più terribile di quella preannunciata, un pianto che fa scattare la gioia nei loro cuori: «Quel viaggio d'andata è stato carico di angoscia. Che poi si è trasformata in emozione, quando siamo arrivati e abbiamo sentito il vagito, segno che il piccolo era vivo». Sul posto erano già presenti i carabinieri, accorsi dopo che l'anziana che ha scoperto il borsone con il neonato ha chiamato il 112 riferendo l'inquietante ritrovamento. «Quando siamo arrivati racconta la dottoressa Tarabini c'era la signora che lo aveva scoperto che era ancora molto spaventata. Erano stati i carabinieri ad aprire la borsa, che era appoggiata al muro del cimitero, vicino alla fontanella. Se la temperatura non fosse stata mite sarebbe probabilmente morto. Quando abbiamo aperto il portellone e siamo scese abbiamo sentito i vagiti, abbiamo fatto una corsa. Il piccolo era in mezzo alla placenta, lo abbiamo raccolto dalla borsa ed asciugato, gli abbiamo reciso il cordone ombelicale, poi lo abbiamo messo in un telo sterile perché il pericolo di infezioni è altissimo. Ancora di più quello dell'ipotermia. Infatti il piccolino aveva le estremità fredde e cianotiche. L'indice di Apgar era al massimo: la sua voglia di vivere è stata più forte di tutto. Dopo averlo avvolto in una coperta termica l'ho appoggiato sul petto di Giorgia, perché lo scaldasse».
UNA STORIA DOLOROSA
Un racconto emozionato ed emozionante di quei momenti che commuove e dona gioia pur in un quadro di profonda tristezza. Perché prima della storia che racconta di una salvezza e del miracolo della forza della vita, ce n'è un'altra, ancora sconosciuta, in cui sono sicuramente il dolore e la disperazione a rappresentare l'unica chiave di lettura possibile. Una storia che, al di là di quanto emergerà dalle indagini, forse non verrà mai completamente chiarita in tutte le sue drammatiche sfaccettature. Ma Giorgio, intanto, grazie agli angeli che lo hanno salvato, ha già sconfitto un primo drago. «Lui voleva vivere e ce l'ha fatta», chiosa la dottoressa Tarabini.
F.Cam.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci