All'Ulss 250 posti ora sono a rischio

Venerdì 18 Gennaio 2019
All'Ulss 250 posti ora sono a rischio
LE NUOVE REGOLE
ROVIGO «Si rischia la paralisi dei servizi e, in particolare, potrebbe collassare l'Ulss 5 che già è in difficoltà nel tamponare le carenze di organico, dove si potrebbe assistere ad un esodo di circa 250 lavoratori, fra i quali ben 70 medici». Mille timori sui potenziali effetti in Polesine di Quota 100, il meccanismo di pensionamento anticipato che permette di lasciare il lavoro a 62 anni e con almeno 38 anni di contributi, ovvero prima rispetto agli attuali requisiti dei 67 anni di età per gli uomini, 66 e 7 mesi per le donne, o dei 43 anni e 5 mesi di contributi, 42 anni e 5 mesi per le donne. Il decreto è stato varato ieri dal Consiglio dei ministri, quindi fino ad ora si è parlato di ipotesi. Per i dipendenti degli enti locali a Rovigo, su 1.397 lavoratori 177 potrebbero avere i requisiti per la pensione anticipata. Ovvero il 12,76% del totale.
CORSA AI PATRONATI
Ma, come spiega Pieralberto Colombo, segretario polesano della Cgil, già c'è un dato certo ed è quello della corsa ai patronati: «Già da quest'autunno abbiamo registrato un incremento dei contatti di oltre il 20%, che negli ultimi giorni sembra cresciuto al 30% in più. Questo sta a significare l'interesse verso una possibilità di andare in pensione prima, ma anche i dubbi su una scelta che comporta comunque alcune penalizzazioni, non tanto l'eventuale riduzione economica, quanto il blocco del Tfr nel pubblico impiego. Difficile fare una stima sull'impatto, perché il dato anagrafico è facile da considerare, ma bisogna poi incrociarlo con quello contributivo: a spanne, fra pubblico e privato il provvedimento in polesine potrebbe riguardare poco meno di 1.500 persone. O, almeno, al nostro patronato ci potremmo attendere una potenziale platea di 800 lavoratori. Ma il condizionale è d'obbligo, perché non c'è una stima esatta. Sostanzialmente quota 100 è una misura che contiene già dei limiti, perché interessa i lavoratori a tempo indeterminato, del pubblico impiego o della grande industria, perché altrimenti non si arriva ai 38 anni di contributi, prevalentemente nel Nord dove c'è poco lavoro sommerso e soprattutto uomini, perché le donne hanno carriere tendenzialmente più discontinue».
Secondo il numero uno della Cgil polesana, «il provvedimento si dimentica e penalizza tante categorie di lavoratori, illusi dalle prime notizie. Senza contare i giovani. Ma, soprattutto, si poteva partire dal lavoro e non dalle pensioni. Come già indicato dalla Cgil con le proposte di un piano straordinario che portasse con un forte investimento pubblico a creare fino a un milione di posti di lavoro in più».
SANITÀ IN CRISI
L'impatto della riforma sulle pensioni potrebbe avere impatti particolarmente pesanti nel settore della sanità pubblica. Una prima stima vede a fronte di una platea di 2.359 dipendenti non dirigenti dell'Ulss 5, 188 potenziali esodi anticipati, il 7,97% a fronte di una media regionale del 5,96%, mentre per quanto riguarda i medici, addirittura 88 su 447, ovvero il 19,69%. «Il dato che mi hanno fornito dall'ufficio pensioni dell'Ulss spiega Davide Benazzo, segretario della Fp Cgil è che dei quasi 2.900 dipendenti, circa 250 avrebbero i requisiti, fra i quali 70 medici. Un numero esorbitante, visto che già ora facciamo fatica ad assumere i medici che mancano. Sarebbe un'emorragia letale, si rischierebbe la chiusura di interi reparti. Un conto però sono le ipotesi, un conto la realtà. Perché in campo medico più che il discorso relativo al Tfr differito credo possa incidere l'eventuale preclusione al cumulo di redditi. Perché molti medici continuano a lavorare anche dopo il pensionamento. Per il resto del settore pubblico il numero degli interessati si può stimare in circa 450. Potenziali».
Francesco Campi
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