Vittorio E. Parsi
Quella della tragica fatalità resta l'ipotesi più

Giovedì 6 Agosto 2020
Vittorio E. Parsi
Quella della tragica fatalità resta l'ipotesi più accreditata tra le cause della tremenda esplosione che martedì pomeriggio ha semidistrutto Beirut: 135 morti, altrettanti dispersi, 5.000 feriti, 300.000 senzatetto e 3,5 miliardi di dollari di danni stimati. È la spiegazione più probabile e, in ogni caso, quella che, paradossalmente, crea meno imbarazzo a tutti: dentro e fuori il Libano. Come se non fosse una mostruosa manifestazione di criminale incuria lasciare stipate per sei anni in un magazzino del centralissimo porto della capitale libanese 2.700 tonnellate di nitrato di ammonio sequestrate su un cargo moldavo. A chi, se non alle autorità politiche e amministrative della repubblica dei cedri, sarebbe toccato proteggere i cittadini di Beirut (quasi metà della popolazione libanese) dai rischi di un simile disastro? Ma illudersi su un qualunque senso di responsabilità da parte della classe politica libanese, e delle élite settarie che la esprimono per tutelare i propri interessi economici, significa non conoscere le dinamiche di potere di un Paese tanto bello quanto sfortunato. C'è voluto il Covid-19 per svuotare le piazze dalle decine di migliaia di cittadini di ogni classe sociale e di ogni appartenenza religiosa che, contro la paralisi suicida imposta dagli egoismi contrapposti delle rispettive leadership, invocavano la riforma radicale del sistema istituzionale che aveva tenuto a battesimo il Libano mandatario (tra le due guerre) e poi quello indipendente (...)
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