Vitalizi, tocca al Senato ma la strada è in salita

Sabato 14 Luglio 2018
LO SCENARIO
ROMA Il prossimo episodio dell'interminabile soap opera dei vitalizi ha già il suo set, Palazzo Madama, e i suoi protagonisti, la presidente del Senato Elisabetta Casellati, e i circa 500 ex senatori i cui vitalizi oggi assorbono poco più di 80 milioni l'anno (sui 270 miliardi di spesa previdenziale italiana distribuiti a 16 milioni di pensionati).
La chiusura - provvisoria, in vista dei ricorsi - della partita vitalizi alla Camera ha lasciato agli elettori-spettatori una situazione al limite del surreale: dal 2019 gli ex deputati entreranno nell'era del mini-vitalizio; per i loro colleghi ex senatori - anche se appartenenti alla categoria dei politici esattamente come gli onorevoli - per ora è rimasto tutto come prima; gli ex deputati che sono stati anche ex-senatori vivono invece in una terza dimensione: puniti per ora in quanto eletti a Montecitorio in anni lontani ma salvi, sempre finora, se ex membri del club di Palazzo Madama. Completa il quadro l'associazione degli ex parlamentari che propone un taglio via contributo di solidarietà.
SOAP OPERA INFINITA
In Italia anche le soap opera sono molto complicate ma una sceneggiatura così pasticciata è difficile che regga a lungo. Anche perché la Camera guidata dal pentastellato Roberto Fico pur di tentare di prosciugare i vitalizi è ricorsa ad una strada originale: non una legge, soggetta come tutte le leggi al giudizio della Corte Costituzionale che difende la regola per cui le leggi (e anche i ricalcoli previdenziali) devono essere uguali per tutti, ma ad una delibera interna. E questa delibera vale solo per i vecchi vitalizi in pagamento prima del 2012 perché quell'anno, sotto la presidenza di Gianfranco Fini e con la severa professoressa Elsa Fornero al ministero del Lavoro, scattò la riforma dei vitalizi che da allora sono calcolati col contributivo e scattano non prima dei 60 anni contro i 50 fissati precedentemente.
In attesa di capire se la Corte Costituzionale davvero ha il potere o meno di intervenire anche sulle delibere del Parlamento per fischiare la fine di questa partita assegnando la vittoria ai vitaliziati o a chi dà loro la caccia, c'è da raccontare cosa succederà al Senato.
Partiamo dai fatti. Nell'Ufficio di presidenza di Palazzo Madama del 5 luglio si è deciso di prendere tempo. Non è un segreto che il presidente Elisabetta Casellati è molto perplessa sulla costituzionalità dell'intervento della Camera perché ricalcolare con le regole di oggi le pensioni di deputati eletti magari a partire dagli Anni 50 (e che dunque versavano contributi sulla base di norme completamente diverse) appare un'operazione rocambolesca e sgangherata. Non solo: gira voce che se il ricalcolo (non altri tipi di taglio) dei vitalizi dovessero davvero essere incostituzionali, i membri dell'Ufficio di Presidenza potrebbero essere chiamati a ripagare di tasca propria eventuali danni da chi ha ricevuto una sforbiciata al proprio vitalizio.
Di qui, da parte della Presidenza del Senato, non solo la convocazione del presidente dell'Inps, Tito Boeri, ma soprattutto la richiesta di un parere al Consiglio di Stato sulla legittimità o meno di un intervento in materia di ricalcolo retroattivo dei vitalizi con una delibera e non con una legge. Anche perché - stando a chi nel Senato non vede di buon occhio l'operazione di ricalcolo dei trattamenti - pare che nel regolamento del Senato sui vitalizi si faccia riferimento alla legge Fornero sulle pensioni. Il che vorrebbe dire che servirebbe una legge e non regolamento per tagliarli. Che soap opera! Durerà più di Beautiful.
Diodato Pirone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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