TRASPORTI DEL FUTURO
BELLUNO Binario morto. Il treno delle Dolomiti è fermo.

Venerdì 14 Dicembre 2018
TRASPORTI DEL FUTURO BELLUNO Binario morto. Il treno delle Dolomiti è fermo.
TRASPORTI DEL FUTURO
BELLUNO Binario morto. Il treno delle Dolomiti è fermo. Bloccato da uno dei mali grandi del Bellunese: l'indecisionismo. Nessun progetto, certo. Ma al momento non c'è nessun approfondimento e nessuno studio di fattibilità. Il motivo? Perché il territorio bellunese non ha deciso dove vuole far passare la linea ferroviaria. La Regione proponeva due alternative per collegare Calalzo (dove oggi il treno si ferma) a Cortina: o per la Valle del Boite, passando per Valle, Vodo, Borca e San Vito; oppure per la Valle dell'Ansiei, con passaggio per Auronzo. Tertium non datur. Evidentemente però il proverbio non vale in provincia di Belluno, perché un anno fa, i sindaci del Cadore (non all'unanimità) hanno optato per la terza via, un ibrido tra Valle del Boite e Val d'Ansiei. Secondo la visione localista (o sovranista) delle fasce tricolori, il treno dovrebbe partire da Calalzo, arrivare ad Auronzo toccando Domegge, Lozzo e Cima Gogna; poi dovrebbe salire verso Palus San Marco, per arrivare in galleria (tra Sorapis e Marmarole) fino a San Vito e da qui proseguire verso Cortina.
L'INGHIPPO
Costi in più. E soprattutto approfondimenti in più. Per capire se il terzo tracciato può essere fattibile, servono studi tecnici. La Regione infatti non ha detto «no» alla proposta dei sindaci: si è messa in ascolto del territorio. Ma sta aspettando che dalla Provincia di Belluno arrivino i soldi necessari a finanziare gli approfondimenti del caso. «Soldi che dovevano essere trasferiti dal Fondo Comuni di confine, ancora prima che spuntasse il terzo tracciato - spiega l'assessore regionale ai trasporti, Elisa De Berti -. Noi avevamo chiesto 100mila euro. L'ex presidente del Fondo, Roger De Menech, ne aveva fatti stanziare 200mila, dicendo che li avrebbe dati alla Provincia, che poi li avrebbe girati alla Regione, nel timore che Belluno non avesse la giusta visibilità sulla partita del treno delle Dolomiti. Bene: la Provincia di Belluno ha avuto la giusta visibilità, ma non riesco a credere che sia positiva». Il perché è presto detto: quei soldi non hanno mai preso la via di Venezia. «Li stiamo aspettando da più di un anno - continua De Berti -. Da giugno 2017 (quando la partita del treno ha cominciato a prendere la forma dei due tracciati, Val d'Ansiei e Val Boite, ndr). A inizio agosto del 2017 ho incontrato il territorio, per proporre le due alternative di tracciato. A settembre il territorio ha deciso che era meglio pensare ad una terza via. Va bene: ma servono approfondimenti. Noi la convenzione per l'utilizzo delle risorse destinate alle valutazioni tecniche l'abbiamo pronta da un pezzo. Padrin mi dice che è questione di qualche giorno, giusto il tempo di risolvere alcuni problemi burocratici, emersi ancora tempo addietro. Solo che fino a 48 ore fa i 200mila euro previsti dalla Provincia non erano ancora arrivati».
IL TEMPO PERSO
I soldi non arrivano e il treno rimane fermo. È scontato. Anzi, è così da un anno e mezzo. «Quelle risorse non servono per fare il progetto - continua De Berti -. Stiamo parlando di una progettazione da 10 milioni di euro, per un'opera che costerà più o meno un miliardo. Quelle risorse servono per fare gli approfondimenti tecnici, urbanistici, ambientali... I 200mila euro servono anche per far prendere ad un professionista quella scelta che il territorio non è stato in grado di fare. Qualcuno dice che la Regione non si è più fatta sentire; sbagliato: la Regione è in attesa. Deve far scegliere qualcuno, visto che il territorio non ha scelto. Certo, la decisione del tracciato da progettare sarà una scelta sarà politica, ma basata su dati tecnici e scientifici. Non possiamo scegliere a caso. Abbiamo perso un anno e mezzo: a questo punto avremmo potuto avere già gli approfondimenti necessari a scegliere il tracciato migliore». Già, perché i tempi sono lunghi: dopo la scelta, partiranno gli approfondimenti tecnici e lo studio di fattibilità vero e proprio. E solo dopo verrà la progettazione vera e propria. «Se non si perdevano questi due anni, c'erano i tempi tecnici per arrivare al treno progettato e in costruzione entro il 2026, una carta da spendere per le Olimpiadi - continua De Berti -. Invece non è così».
IL TERRITORIO DEVE MUOVERSI
Il territorio è fermo. Non solo la Provincia. Perché De Berti non ha dubbi: «Il treno da solo non risolve i problemi della montagna». Quindi è necessario che pubblico e privato si mettano all'opera. Offerta ricettiva, paesi accoglienti, sport e manifestazioni devono essere il contorno per il treno delle Dolomiti. «Ho fatto fare alla Cgia di Mestre un confronto con il treno della Valvenosta - spiega l'assessore -. Risulta una cosa abbastanza ovvia: se la situazione resta quella attuale, i soldi per il treno rischiano di essere buttati via. Serve una risposta forte del territorio; serve soprattutto l'iniziativa privata. Perché il treno porta la gente. Ma deve esserci un buon motivo per fermarsi e per restare, una volta scesi dal vagone».
Damiano Tormen
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