Selvatico, sindaco-poeta della rivoluzione di Venezia

Domenica 26 Gennaio 2020
In soli cinque anni di mandato come sindaco, tra il 1890 e il 1895, rivoluzionò Venezia lui esponente progressista dopo vent'anni di dominio politico e culturale clericale e conservatore: ridusse le tasse e il costo dei traghetti. Aumentò i salari dei maestri e migliorò gli edifici scolastici, erigendone di nuovi. Fece ristrutturare e costruire case popolari, scavò rii e pavimentò campi. Sul fronte politico e anticlericale inaugurò il monumento a Paolo Sarpi e proibì la recita della preghiera a scuola. Ma fu verso la fine del suo mandato che Riccardo Selvatico, il sindaco poeta, come lo appellarono spregiativamente i suoi detrattori (in realtà donandogli per sempre un soprannome amato dai veneziani), assieme ad Antonio Fradeletto e altri amici ideò il suo capolavoro: l'Esposizione Internazionale d'Arte destinata a divenire La Biennale che fu concepita ai tavolini del Caffè Florian e aprì i battenti il 30 aprile 1895. E pensare che Selvatico, la cui nomina era stata decisa in un momento di crisi della maggioranza mentre lui si trovava a Milano (gli fu comunicata con un telegramma), sindaco non voleva proprio diventare: accettò solo dopo le pressanti insistenze dei suoi sostenitori, ovvero lo stesso modo in cui era entrato in politica. Perché Riccardo Selvatico voleva solo continuare a fare il drammaturgo e il poeta, come già da molti anni faceva, contribuendo anche in quel settore in maniera determinante al rilancio della lingua e dell'anima veneziana, che si rispecchiava in ogni sua opera.
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