Segre, Danieli, Folin e la filosofia M9 «Struttura che può creare l'effetto città»

Domenica 2 Dicembre 2018
AL CENTRO DEL VENETO
«L'M9 prima di essere un museo è una ridefinizione della città e attorno all'M9 può essere coagulato l'interesse del Veneto per se stesso, per la sua storia e la sua tradizione». Ecco riassunto il pensiero dei due padri dell'M9, Giuliano Segre e Plinio Danieli. Secondo Segre, presidente della Fondazione Venezia, l'istituzione privata che ha investito 110 milioni sull'M9, «adesso Mestre può puntare ad essere quel baricentro della grande città metropolitana che comprende Padova e Treviso di cui scrivevamo negli anni Settanta sulla Rivista Veneta con Gianni de Michelis e Renato Brunetta. L'intuizione di allora è diventata adesso mattoni e cemento: l'M9».
«L'M9 spiega Plinio Danieli prima di essere un contenitore, è un ridisegno degli spazi del centro storico cittadino. A suo tempo è stato lo storico dell'architettura Francesco Dal Co ad indirizzarci sul punto. Lui ci ha detto chiaramente che non aveva senso invitare archistar perchè avrebbero ammazzato la zona con il solito edificio monumentale che racconta l'architetto invece che la città e invece avevamo bisogno di un edificio che rimodellasse la zona del centro. Così sono stati selezionati studi di architettura molto importanti che, però, non avrebbero ucciso lo spazio, ma lo avrebbero ripensato. Dal Co ha selezionato i 6 progettisti che poi hanno concorso e fra quei 6 è stato scelto il progetto che oggi vediamo realizzato. Ma il momento in cui abbiamo capito bene quello che stavamo facendo è stato proprio quando abbiamo visto i progetti».
I COCCI DI CACCIARI
Prima di allora eravamo alle intuizioni. «Nel 2005 ricorda Giuliano Segre, c'erano grandi polemiche sul fatto che la Fondazione Venezia spendeva tutti i soldi in centro storico e poco per Mestre. Era vero, e siccome allora il centro studi storici batteva sul fatto che bisognava mettere in mostra i reperti di Urbani de Gheltof, si ragionava su un museo di Mestre, ma l'allora sindaco Massimo Cacciari tagliò corto e disse che erano due coccetti quelli di de Gheltof e che Mestre aveva avuto uno sviluppo tale che c'era ben poca storia da mettere in mostra; così ha preso forma definitiva l'M9. A quel punto, oltre all'ex convento, abbiamo acquisito la caserma dei carabinieri di via Pascoli. In tutto abbiamo speso 10 milioni, ma avevamo chiaro che erano soldi spesi per riqualificare la parte più importante della città e dunque sapevamo che ci voleva una idea per il museo e una per l'ex convento».
Secondo l'ex rettore di Architettura Marino Folin che ha aiutato concretamente Segre e Danieli a realizzare il museo, «l'M9 è una struttura architettonica che ha la capacità di creare l'effetto città. E dunque l'esperimento è perfettamente riuscito. Semmai mi preoccupa, più del museo, che è un contenitore che comunque sarà sempre valido, la parte commerciale. Anche qui serve un grande impulso, un'idea forte come per l'M9. A me viene in mente che forse bisognerebbe farne una sorta di Eataly made in Veneto. Penso cioè che dovrebbe diventare un centro espositivo e di vendita dei tipici prodotti del Veneto. Perchè, se ci mettiamo dentro negozietti qualsiasi, non ricostruiamo il senso in una presenza commerciale forte e caratterizzata in centro città. Quel che voglio dire è che l'M9 fa città e indica che bisogna reinventarsi anche il resto della città. E dunque questo dovrebbe andare di pari passo con un'idea di città che in questo momento invece non c'è. Non c'è a Mestre e non c'è a Venezia». Vuol dire che Venezia-Mestre non hanno chiaro che devono essere il baricentro del Veneto o almeno della Pa-Tre-Ve, che è la vera città metropolitana. E dunque se l'M9 indica la strada - spiega Folin - è indispensabile che la politica la percorra questa strada.
Maurizio Dianese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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