Salvini cede il Senato a FI per garantirsi la leadership

Mercoledì 21 Marzo 2018
IL RETROSCENA
ROMA «A Mattè, ma nun poi pensà de prenne l'incarico a premier e pure na presidenza. E noi che stamo a fa!». «Dici!». Non è ancora sceso a Roma per il suo primo giorno da senatore, ma la telefonata dell'arguto alleato dell'hinterland capitolino diventa per Matteo Salvini lo spartiacque tra il tatticismo dei giorni scorsi e la realtà. Dopo mesi di campagna elettorale il segretario delle felpe fatica ad indossare giacca e cravatta e ancor più a calarsi nel ruolo di leader di tutto il centrodestra. Depurate le scorie della campagna elettorale restano però i numeri con i quali confrontarsi in Parlamento per eleggere i presidenti delle Camere e magari anche per formare, dopo, un governo. Più che le sparate e i toni muscolari conta la politica e contano i pesi che ciascuna forza ha. Soprattutto conta - e a volte pesa - la volontà di essere riconosciuto leader politico del centrodestra, dopo aver battuto nelle urne l'invincibile Cavaliere di Arcore.
LA POLTRONA
Tra Salvini e Berlusconi - come conferma la telefonata di ieri e racconterà l'incontro di oggi - i rapporti restano stretti, e quel po' di diffidenza reciproca sta tutta nella difficoltà che incontra l'ex premier nel riconoscere l'erede, e nella cautela usata dal segretario nel trattare colui che considera una vecchia gloria della politica e del Milan. Alle ragioni dell'alleato battuto con la forza dei voti - ma tecnicamente ancora capace di uno scatto d'orgoglio - Salvini si acconcia stringendo lo scettro da leader del 37% e cedendo una delle due Camere all'alleato e l'altra ai pentastellati. Un passo indietro, nella certezza di poterne fare molti altri in avanti, e che potrebbe portare un azzurro sulla poltrona di presidente del Senato. Archiviato, se mai c'è stato veramente, l'asse con il M5S, la Lega di Salvini lavora per portare tutto il centrodestra all'accordo con 5S e Pd. Dal vertice a tre di oggi, uscirà quindi una sostanziale unità del centrodestra con tanto di riconoscimento per il lavoro fatto sin qui dal suo leader. Con Montecitorio al M5S, il Senato a FI e il dovuto riconoscimento al Pd e alle forze più piccole negli uffici di presidenza, la quadra sembra trovata anche se i rischi si annidano nei dettagli. Al Senato il passo indietro che dovrebbe fare la Lega - magari in cambio della candidatura di Massimiliano Fedriga a governatore del Friuli - potrebbe spianare la strada a Paolo Romani. Il veto dei 5S sui candidati con procedimenti penali in corso non impedisce l'intesa perchè il centrodestra ha da solo i numeri per eleggere Romani grazie anche a qualche aiutino del Pd. L'ipotesi alternativa di Anna Maria Bernini regge ma incontrerebbe resistenze territoriali, visto l'attivismo della neoeletta senatrice della Lega Lucia Borgonzoni. Tramontata invece la candidatura della Bongiorno che oltre a scontare il veto di FdI, da presidente del Senato avrebbe molto meno tempo per curare il suo avviatissimo studio da avvocato.
L'ALA
E se al Senato Romani può farcela anche senza il M5S, altrettanto non possono fare i Cinquestelle alla Camera per eleggere Roberto Fico o Riccardo Fraccaro. Tutti e due avranno bisogno che Salvini porti loro i voti di tutto il centrodestra e magari anche del Pd. Il primo, Fico, sembra però avere molte più chance proprio perchè non è annoverabile tra i fedelissimi di Di Maio, ma esponente dell'ala più ortodossa del Movimento. In sostanza l'elezione di Fico a presidente della Camera rappresenterebbe un elemento di stabilizzazione non solo dei 5S ma anche della legislatura.
Il tempo diventa il maggiore alleato per chi cerca una soluzione non solo per le presidenze delle Camere ma anche per il governo. «Apprezziamo molto che il Quirinale non stia mettendo fretta alle forze politiche», ha affermato ieri Di Maio. Un riconoscimento che aiuta il leader grillino a restare in partita sia nel gioco delle presidenze, sia nella costruzione di quel governo di tutti che avrà un programma di tutti. Compresa la modifica del sistema elettorale e la fine del bicameralismo.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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