Renzi, una Cosa civica per sfidare i sovranisti

Lunedì 19 Novembre 2018
LA STRATEGIA
ROMA C'è una rete di 551 sindaci costruita da Guerini, Lotti - in prima fila sabato all'Ergife - e Rosato per un Pd stabile attorno al nome di Minniti. E c'è un'altra rete che sta costruendo Renzi attraverso i comitati civici lanciati alla Leopolda, convinto che i partiti tradizionali e il Pd in particolare non siano in grado più di raccogliere la protesta per combattere il sovranismo. C'è una gara per la guida del partito del Nazareno, aperta ufficialmente due giorni fa. E c'è un'altra corsa che l'ex premier ha iniziato e che potrebbe portarlo non è ancora deciso quando lontano dal partito del Nazareno.
I dem provano ad aprire una fase nuova. Ieri Minniti ha ufficializzato la sua candidatura che si somma a quelle di Zingaretti, Martina e degli altri già in campo. Tutti lo ha fatto subito anche l'ex ministro dell'Interno pronti a rivendicare la propria autonomia. E anche Renzi si muove autonomamente. Distante dalla querelle sul congresso che ritiene un fatto minore e non in grado di cambiare il quadro politico. «Io sono completamente fuori da tutto», ripete. Il suo piano non ha una road map precisa ma ha un obiettivo: andare a ricercare «energie alternative» al Pd, guardando a quelle manifestazioni che sono nate, per esempio a Torino e a Roma, senza la protezione di forze politiche che, a suo dire, non sono capaci di contrastare M5S e Lega. Il senatore di Scandicci si pone come punto di riferimento della protesta spontanea, sta sondando il terreno, «di certo non farò il capocorrente». Una visione diversa. L'aria che tira ora è quella di dire ciao al Pd, utilizzando i comitati civici come nucleo di un altro contenitore che non abbia forzatamente la connotazione del centrosinistra ma che possa magari guardare anche ai moderati, ai delusi di FI.
La tentazione dunque di fare un movimento ex novo c'è ma al momento l'ordine ai fedelissimi di virare su altri obiettivi non è ancora arrivato e non è detto che alla fine il suo progetto possa essere utile solo per allargare il Pd, non per abbandonarlo. Intanto sembra decadere anche il piano di una lista renziana a sostegno di Minniti, sia perché «non ce n'è bisogno», come dice un esponente vicino all'ex premier, sia perché Minniti stesso non accetta di avere confini. È per questo motivo che ha rifiutato il ticket con Bellanova. «I renziani ha spiegato l'ex ministro - decideranno loro per chi votare: ma noi dobbiamo fare un congresso per parlare al Paese. Dobbiamo parlare di politica, non di persone».
IL PERIMETRO
L'ex responsabile del Viminale ha delineato i contorni della sua candidatura («andare al di là delle correnti, non avrò avversari in questa competizione congressuale. Sarebbe un bene ha detto - se non ci fossero comitati personali»), del possibile perimetro futuro («se penso a un campo più ampio contro i nazionalpopulisti non posso che chiamarlo Campo democratico») e soprattutto indicato un rischio dietro l'angolo: «Se nessuno arriva al 51% il Pd resta una confederazione di correnti».
La formula del sostegno dei sindaci renziani gli permette di caratterizzare il suo passo avanti «in raccordo con i territori» non con etichette di parte. Ci sono le firme dei parlamentari (70 deputati e 30 senatori, fa sapere) ma c'è anche un malumore sempre più crescente tra deputati e senatori vicini a Renzi. Mercoledì Minniti comincerà a preparare la sua campagna. C'è intanto da convincere gli iscritti. Ma non Renzi che dal congresso se ne starà lontano. Per vestire i panni del «leader d'opposizione» al governo, di fatto senza bandiere.
Emilio Pucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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