Referendum, la battaglia è sui costi

Mercoledì 20 Novembre 2019
DOPPIO CONFRONTO
MESTRE La battaglia è sul portafoglio. Nel doppio confronto di ieri - in contemporanea a Venezia in un teatro Goldoni al completo e, a Mestre, in un Centro S. Maria delle Grazie non proprio gremito - l'argomento che vince in vista del referendum dell'1 dicembre è quello del confronto tra costi e tariffe con o senza la separazione tra Mestre e Venezia. E così, dopo le polemiche sui biglietti dei trasporti pubblici e il futuro del Casinò che hanno tenuto banco nelle scorse settimane, è stata la volta della Tari, con le simulazioni di quanto si pagherebbe (soprattutto a Mestre) di tariffa rifiuti in caso di separazione.
DIBATTITO SERRATO
«Con l'autonomia Mestre potrà beneficiare di una significativa riduzione visto che se oggi a Venezia un cittadino paga in media 119 euro di Tari all'anno, nei comuni limitrofi siamo sui 70», ha detto Renzo Scarpa, consigliere comunale del Gruppo misto, intervenuto ieri al dibattito promosso dal comitato Mestre Domani a Santa Maria delle Grazie in via Poerio. Con lui, ha sostenuto le ragioni del Sì il presidente del Movimento per l'autonomia di Mestre Stefano Chiaromanni, mentre quelle del No sono state illustrate dall'avvocato Marco Ticozzi e dal consigliere comunale dei Fucsia Maurizio Crovato, contestato dagli autonomisti presenti quando ha dichiarato: «A Mestre il parco Ponci è stato distrutto dai mestrini». Le visioni opposte: «Autonomi è meglio: Mestre potrà finalmente svilupparsi con un'amministrazione più vicina alle esigenze del territorio», «l'unione è un valore aggiunto: il problema, piuttosto, è amministrare bene più che dividersi». Moderati dal capo dell'edizione di Venezia e Mestre del Gazzettino, Tiziano Graziottin, i quattro relatori hanno tratteggiato il loro futuro della città. «È fallito il sistema amministrativo ha detto Scarpa Non solo Venezia, ma anche Mestre perde abitanti. Da 9 anni il saldo è negativo, con un esodo di 40mila persone. Nel 2018 ne sono uscite 5.861, 4.566 delle quali dalla terraferma, dove la percentuale di uscita è del 2,5 contro l'1,8% del centro storico». «Mestre ha problemi diversi da Venezia, ma anche dentro Mestre ci sono realtà e problemi diversi ha affermato Ticozzi . Mestre e Venezia sono complementari e non può essere solo una questione economica, ma di appartenenza a una stessa comunità più grande: l'esperienza dell'acqua alta lo ha dimostrato». Chiaromanni ha ricordato che anche con il Comune autonomo saremo sempre cittadini veneziani dentro la Città metropolitana. Con la separazione risparmieremo sui costi della macchina amministrativa perché scenderemo sotto i 250mila abitanti e non ci saranno più le Municipalità». «La Città metropolitana è forte se si avvicina a un milione di abitanti ha sostenuto Crovato . Frazionare vuol dire indebolire. Ci sono veneziani che vogliono la separazione solo perché hanno il sindaco in antipatia: ma Brugnaro è una tantum mentre la separazione resterebbe per sempre». Sullo sfondo del dibattito si è stagliato il precedente del Cavallino, separatosi da Venezia nel 1998. «Metà gente è rimasta contraria, i contenziosi sono ancora lì, ci sono due farmacie che ancora appartengono a Venezia: così, tra Mestre e Venezia ci sarebbero mille dubbi sui confini territoriali», ha dichiarato lo stesso Crovato. «Non è vero, a Cavallino nessuno tornerebbe indietro perché con il Comune autonomo la località è più performante», ha ribattuto Chiaromanni.
LE PROPOSTE
In chiusura Graziottin ha chiesto, a seconda dell'esito del voto, cosa farebbero i sostenitori del Sì come primo atto per Mestre e cosa farebbero i sostenitori del No per evitare un sesto referendum. «La priorità è vincere lo spopolamento e il depauperamento della città anche con servizi di prossimità», la risposta di Scarpa e Chiaromanni. «Va evitato il centralismo veneziano ed è necessario dare voce alle istanze mestrine», la replica di Ticozzi e Crovato.
Alvise Sperandio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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