Porto, da 5 mesi gli operatori attendono risposte sui fanghi

Domenica 12 Luglio 2020
Porto, da 5 mesi gli operatori attendono risposte sui fanghi
PORTO
MESTRE La penultima volta che un esponente del Governo ha annunciato la soluzione del problema dello scavo dei fanghi nei canali portuali è stato lo scorso gennaio, sette mesi fa, quando il ministro dell'Ambiente Sergio Costa aveva risposto al parlamentare veneziano Nicola Pellicani spiegando che a febbraio sarebbe sceso in laguna assieme alla collega responsabile dei Trasporti e delle Infrastrutture Paola De Micheli per firmare il famoso Protocollo che deve contenere la nuova classificazione dei sedimenti da dragare in base alla loro maggiore o minore pericolosità. A febbraio non se ne fece nulla e l'altro ieri è toccato al ministro De Micheli annunciare che il decreto è pronto e che si trova all'interno del decreto legge Semplificazioni nel quale «entrerà, in accordo con il ministro Costa, una norma che definirà il profilo attuale e futuro della gestione, quindi siamo pronti e a settimane entrerà in vigore».
Se questa è la volta buona lo dirà solo il tempo. Intanto il ministro De Micheli, arrivato in laguna assieme al premier Conte per assistere alla prova di sollevamento di tutte le paratie del Mose, è stato accolto da una lettera degli operatori portuali con la quale gli hanno ricordato che da oltre cinque mesi stano aspettando risposte sia sui fanghi, che stanno interrando il porto che per questo sta subendo decine di milioni di euro di perdite, sia sulle navi da crociera e sulla loro destinazione per evitare che passino per il bacino di San Marco e il canale della Giudecca. «Non una singola risposta - ha scritto a nome di tutti Alessandro Santi, presidente degli agenti marittimi di Venezia e coordinatore della Community degli operatori portuali e marittimi della Laguna -: Non è stato sufficiente che gli imprenditori e i lavoratori portuali scendessero in acqua con decine e decine di barche e riempire in Marittima a Venezia una sala stracolma, per accendere una fiammella di attenzione in seno al Governo».
Questi cinque mesi hanno fatto crescere la rabbia «in un porto che rischia di chiudere per impraticabilità del campo visto che la manutenzione dei canali non viene effettuata da anni e che le navi non riescono più a entrare e ormeggiarsi alle banchine. Un porto che, nonostante tutto, significa ancora 22.000 posti di lavoro, 6,6 miliardi di fatturato, ma anche l'hub principale per il polo industriale del nord est italiano e segnatamente del Veneto».
Se si considera, inoltre, che il Protocollo fanghi è solo un pezzo del percorso, perché manca ancora il Piano morfologico della laguna che indicherà dove sistemare i fanghi per ridisegnare canali, barene, velme cancellate dall'erosione, si comprende perché la preoccupazione dei portuali è forte. (e.t.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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