Politiche 2018, veto sui regionali Seconde e terze file in fibrillazione

Domenica 17 Settembre 2017
Beati gli ultimi perché saranno i primi. Nella Lega, il prossimo anno quando si andrà a votare per le Politiche, sarà così: incandidabili i consiglieri e gli assessori regionali, si pescherà nei Comuni e nelle sezioni provinciali per scegliere i futuri deputati e senatori. E visto che nel 2013 per il Carroccio fu una batosta (4%) mentre gli ultimi sondaggi danno risultati quadruplicati (15,5%), il Veneto si prepara a mandare a Roma un pattuglione di debuttanti. Il che, se da un lato spiega la fibrillazione delle seconde e terze file che già sgomitano per una candidatura, dall'altro lato si capisce il malcontento dei big regionali che aspirerebbero a lasciare Palazzo Ferro Fini e Palazzo Balbi per la dolce vita romana.
STOP AI REGIONALI - Negli ambienti leghisti da giorni si vocifera di una delibera che il presidente del partito veneto, Massimo Bitonci, avrebbe in animo di presentare. Questa delibera porrebbe il veto sui consiglieri regionali. E, a sentire i maligni, avrebbe un unico scopo: stoppare il bulldog Roberto Marcato, l'assessore regionale sempre più presente sul piccolo schermo e sempre più amato dalla base (e non certo per il linguaggio forbito). Bitonci e Marcato sono entrambi padovani: ammesso che vengano eletti tutti e due, si aprirebbe poi il toto-ruolo: nel caso in cui la Lega non andasse al Governo, i posti di rilievo sarebbero infatti solo due e cioè il capogruppo alla Camera e il capogruppo al Senato. Posto che uno dei due toccherà alla Lombardia, la cosa migliore per evitare sgomitate è lasciarne uno a casa subito. Di qui il veto ai regionali. Gianantonio Da Re, segretario della Lega veneta, conferma e smentisce. Smentisce cioè che il veto sia per rivalità varie, ma conferma il veto: «Non c'è nessuna delibera - dice Da Re - C'è invece una questione di etica: chi ha assunto un impegno deve finire il mandato. Vale per europarlamentari, deputati, senatori, consiglieri regionali, sindaci. Sennò va a finire che facciamo come Toni De Poli (il senatore dell'Udc, ndr) che ogni volta che c'è una elezione ci si candida a quella. Comunque, la Lega Veneta dà indicazioni, poi decide il segretario federale Matteo Salvini. Ma la mia indicazione è che i consiglieri regionali devono finire il loro mandato». Messa così la strada sarebbe spianata per i consiglieri comunali (come Bitonci) e per i segretari provinciali (in pole position il vicentino Erik Pretto e il trevigiano Dimitri Coin). Solo tre i parlamentari uscenti (i più erano passati con Flavio Tosi): il deputato vicentino Filippo Busin e i senatori Erika Stefani (Vicenza) e Paolo Tosato (Verona). Da Re si chiama fuori: «Io a Roma? L'ho già detto al congresso, si fa una cosa sola, non tre assieme». Obiezione: anche i consiglieri comunali non dovrebbero cumulare cariche. Da Re: «C'è una bella differenza tra un consigliere comunale che prende 45 euro lordi di gettone a seduta e un consigliere regionale che prende 8mila euro netti al mese».
CHERCHEZ LA FEMME - «Se mettono il veto sui consiglieri regionali verrà fuori il disastro», confidano al Ferro Fini. La preoccupazione, infatti, è cosa succederà nel 2020: posto che il limite di due mandati è iniziato nel 2015 e quindi fino al 2025 non ci saranno problemi, la preoccupazione è che fra due anni e mezzo anni magari Luca Zaia si dedichi ad altro e arrivi un nuovo governatore, metti mai centrista. Ergo, un biglietto per Roma sarebbe una gradito. Al Ferro Fini ci pensano in parecchi, ma oltre che con Da Re dovranno fare i conti con Zaia, convinto che a metà legislatura non sia serio cambiare rappresentanza (e soprattutto rompere equilibri). E comunque, se una ricerca deve essere compiuta dalla Lega questa riguarderà il gentil sesso: almeno la metà dei capilista dovrà essere coperto da donne. Appunto, cherchez les femmes.
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