Piani finanziari camuffati ad arte per nascondere le perdite di gestione

Martedì 29 Gennaio 2019
Piani finanziari camuffati ad arte per nascondere le perdite di gestione
LE CONTESTAZIONI
PADOVA Falso materiale, frode nelle pubbliche forniture e peculato, ma anche emissione di fatture false e false comunicazioni sociali. Sono queste le accuse da cui dovranno difendersi i nove imputati del crac di Padova Tre. Il giudice dell'udienza preliminare ha accolto interamente le richieste del procuratore di Rovigo Carmelo Ruberto firmando il rinvio a giudizio.
In particolare il triumvirato formato dagli amministratori della Srl Simone Borile, Stefano Chinaglia e Stefano Tromboni deve rispondere di falsità materiale in concorso, aggravata dall'abuso di prestazione d'opera e con violazione dei doveri inerenti il pubblico servizio. Stando all'accusa, i tre avrebbero prodotto falsi piani economico finanziari elaborati da Padova Tre per il 2013 e dal Consorzio Padova Sud per il 2014 e il 2015. Si tratta in pratica di bollette gonfiate per la bellezza di 15 milioni di euro, di cui si è persa traccia. Documenti che erano stati presentati ai Comuni per la loro approvazione, indicando nella voce entrate importi inferiori a quelli poi riscossi con le bollette e facendo in modo da rendere indecifrabili i dati taroccati ad arte. Padova Tre avrebbe quindi imposto alla clientela maggiori addizionali tariffarie venendo meno ad una corretta applicazione dei principi contabili. L'obiettivo degli amministratori era quello di coprire le enormi differenze tra entrate e uscite in sede di consuntivo rispetto al preventivo. Ecco perché nelle bollette compariva indebitamente, stando all'impostazione accusatoria - una somma a titolo di svalutazione preventiva crediti. Veniva in pratica chiesto all'utente di farsi carico in quota parte sia delle morosità degli anni precedenti che della previsione di mancata riscossione per l'annualità in corso.
IL PECULATO
Borile e Chinaglia devono rispondere anche di peculato perché si sarebbero appropriati della quota del 5% della Tari incassata dagli utenti per un importo di 3.294.952 euro. É una questione controversa su cui si è recentemente espressa anche la Cassazione ridimensionando la portata dell'accusa. La Procura non ha però ritenuto di dover modificare l'imputazione derubricandola in truffa come suggerito dalla Suprema Corte.
Gaetano Battocchio e Giampaolo Mastellaro sono invece accusati di aver emesso, in qualità di amministratori di Ecofficina cooperativa sociale, poi Edeco, fatture per operazioni inesistenti, al fine di evadere l'Iva e l'Ires, per un ammontare complessivo di 324.861 euro, costi poi segnati in contabilità e dichiarati nei modelli Unico da Chinaglia e Borile, che avrebbero registrato anche fatture false per 150 mila euro emesse da Tre Energia Srl per lavori di ristrutturazione.
Chinaglia, Borile, Egidio Vanzetto, Alcide Nicchio, Angelo Donato e Gianmarco Rando dovranno rispondere di false comunicazioni sociali visto che avrebbero contabilizzato, per conseguire ingiusti profitti, fatture da emettere per oltre 15 milioni di euro, con l'obiettivo di occultare le perdite subite. Tra le accuse figura pure quella di aver certificato bilanci in cui la voragine dei debiti veniva mascherata per non perdere la concessione del servizio che garantiva introiti per 17 milioni l'anno. Tutti giochetti che hanno scavato la voragine fatale alla multiutility dei rifiuti.
L.I.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci