Paolo Balduzzi
Ci sono due elementi del bilancio dello Stato che sono strettamente collegati tra di loro e che rischiano di innescare un cortocircuito decisivo nei prossimi mesi. Il primo è la riforma fiscale. Preparata da un lungo lavoro delle commissioni parlamentari competenti e più volte annunciata dallo stesso governo, al momento è ancora a uno stato embrionale e ipotesi e supposizioni sono molto di più rispetto ai risultati effettivamente raggiunti. Che, peraltro, sono ancora nulli: non esiste ancora la legge delega, approvata in bozza dal governo mesi fa ma ormai scomparsa chissà dove in Parlamento; non esiste un vero e proprio progetto di riforma generale, se il massimo che si è riusciti a proporre finora è un semplice taglio delle aliquote Irpef. Non esistono, a essere sinceri, nemmeno grandi risorse: al momento tutte le ipotesi ruotano intorno ai famosi 8 miliardi già inseriti nella disegno di legge di Bilancio.
Per avere un'idea degli ordini di grandezza, basti ricordare che fino a pochi anni fa il bilancio conteneva una clausola di salvaguardia contro l'aumento di qualche punto delle aliquote Iva che valeva oltre 25 miliardi a regime. Una cifra comunque superiore a quella dei fantomatici 20 miliardi di cui parla qualcuno e che, in ogni caso, conterrebbero proventi non strutturali dalla lotta all'evasione e perfino una quota di copertura in deficit.
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Per avere un'idea degli ordini di grandezza, basti ricordare che fino a pochi anni fa il bilancio conteneva una clausola di salvaguardia contro l'aumento di qualche punto delle aliquote Iva che valeva oltre 25 miliardi a regime. Una cifra comunque superiore a quella dei fantomatici 20 miliardi di cui parla qualcuno e che, in ogni caso, conterrebbero proventi non strutturali dalla lotta all'evasione e perfino una quota di copertura in deficit.
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