Moschee casalinghe il culto fuori controllo

Martedì 2 Aprile 2019
L'INCHIESTA
TREVISO Sono almeno 20 i centri culturali islamici dove si svolge la regolare preghiera del venerdì in provincia di Treviso. Non è facile individuarli, se non dal via vai di persone perché raramente pongono indicazioni chiare all'esterno e trovano sede in capannoni dismessi o negozi. Nella maggioranza dei casi imam e fedeli non creano problemi con il vicinato anche se qualcuno lamenta la confusione settimanale e in alcune feste particolari del calendario islamico legate al Ramadan.
FUORI CONTROLLO
Ma il problema vero è un altro: il proliferare di quelle che vengono soprannominate moschee casalinghe dove una persona considerata autorevole da amici e parenti si mette a predicare e a recitare i versetti coranici. Nascono e muoiono in àmbiti ristretti, che spesso raccolgono una manciata di persone, al più dieci o venti, sfuggendo a qualsiasi controllo. Nella Marca ormai ce ne sarebbero a decine, al punto da aver solleticato l'interesse anche degli esponenti islamici più autorevoli, oltre che della Lega che da anni chiede sul punto regole e chiarezza. «Poter aprire moschee ufficiali controllate da imam preparati, seri e moderati, porterebbe beneficio a tutti» dichiara il mediatore culturale di origine marocchina Abdallah Khezraji che pone seri dubbi su gran parte di queste moschee domestiche. Nessuno può dire con esattezza chi gestisca queste realtà ultra frammentate che possono trovare spazio nel salotto di una casa, in un garage, in uno scantinato, comunque lontano da occhi indiscreti. La loro presenza è diffusa e in ancora più rapida diffusione e può essere ben più mutevole dei centri ufficiali che pure aprono e chiudono molto velocemente. Un problema che le stesse personalità islamiche presenti sul nostro territorio vogliono affrontare.
CERTIFICATE
Fra le moschee ufficiali la concentrazione maggiore è a Treviso, a Montebelluna e a Pieve di Soligo con due centri di preghiera ciascuno, alcuni molto chiacchierati tra gli stessi fedeli di Allah per la gestione tradizionalista che il mondo islamico moderato tende oggi a rifiutare. Caso eclatante il centro di viale Brigata Marche segnalato dal nostro giornale per la presenza di bambine piccolissime velate e coperte dalla testa ai piedi, scelta che ha suscitato la disapprovazione dello stesso presidente della Lega islamica del Veneto (17 gruppi per 3.500 associati), Tanji Bouchaib. A Treviso oltre al centro di Santa Maria del Rovere, di fronte al campetto dell'Eolo, ha mantenuto aperti i battenti la moschea di via Pisa alla base del grattacielo, anche questa giudicata abbastanza chiusa dai rappresentanti della comunità magrebina. Stessa considerazione riguarda uno dei due centri di Montebelluna, ispirato ad una corrente religiosa musulmana che lo stesso re del Marocco tiene a freno nel suo Paese, perché ritenuta eccessivamente rigida, mentre Pieve di Soligo ne conta uno gestito dalla comunità marocchina e l'altro del Bangladesh che però non avrebbero dato problemi.
L'IMPORTANZA DEL NOME
Nei nomi molti ricordano lo spirito di incontro e di dialogo: Al Salam, definizione scelta a Nervesa, significa La pace, Al Noor di Ponte di Piave richiama allo splendore della luce. Il nome è già una specie di biglietto da visita, ma non può ovviamente dire tutto sui precetti che vengono insegnati e seguiti. «Il fatto è che la linea del centro dipende molto dall'imam che lo gestisce, che talvolta interpreta il Corano a modo suo» dichiara Khezraji, mai tenero con l'eccessiva ortodossia. Dieci anni fa il mediatore culturale (oggi cittadino italiano) aveva lanciato l'idea di creare scuole di formazione per gli imam, proposta accolta all'epoca favorevolmente dall'allora ministro Maroni ed ora tornata agli onori della cronaca grazie alla visita di Papa Francesco in Marocco, con tappa significativa l'altro ieri alla scuola di formazione per guide religiose fortemente voluta da Muhammad VI.
TEMPI MODERNI
In provincia di Treviso secondo i rappresentanti dei migranti non esisterebbero però altre situazioni critiche e la maggioranza dei centri opererebbe in modo moderato, senza fanatismi. Gli altri comuni dove risultano aperte moschee e centri di preghiera, in gran parte frequentati da magrebini e africani sono Castelfranco, Conegliano, Vittorio Veneto, Motta di Livenza, Nervesa della Battaglia, Onigo di Pederobba (giudicato un tempo tradizionalista, ma ora più aperto), Villorba, Mogliano, Roncadelle e San Polo di Piave. Ancora aperta è la moschea di Cornuda che diversi anni fa aveva suscitato polemiche e controlli da parte della polizia con messaggi inquietanti ritrovati davanti alla porta (una testa di maiale mozzata). Poi ci sono i centri di Ponte della Priula (che raccoglie i musulmani di area kossovara), Ponte di Piave e Onè di Fonte (musulmani di area macedone) quest'ultima in passato spesso vicina all'islam più radicale: di San Zenone era il macedone poi espulso, il cui figlio inneggiò in classe alla jihad dopo gli attentati di Parigi. E proprio di Onè era la ragazza 19enne scappata in Turchia col fidanzato per arruolarsi nei foreign fighters.
Laura Simeoni
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