Martina: ok confronto, basta ambiguità Ma altolà dei renziani: nessun margine

Martedì 24 Aprile 2018
Martina: ok confronto, basta ambiguità Ma altolà dei renziani: nessun margine
LA STRATEGIA
ROMA Nemmeno il tempo a Ettore Rosato di pronosticare il fallimento dell'incontro Fico-Pd causa forno leghista, ed ecco che per i dem la giornata si riapre. «Andremo all'incontro, chiederemo al presidente incaricato di chiudere il forno di Salvini, e se lui ci ripeterà che no, Di Maio non lo chiude, noi ci alzeremo, saluteremo e ce ne andremo». Una riedizione dell'incontro Bersani-M5S a parti rovesciate, e nella stessa sala dello streaming. Ma in serata Giggino Di Maio spegne il forno leghista, annuncia che la pizza punta a cuocerla con la farina dem, e per il Pd si torna al punto di partenza. O quasi.
Appaiono superate le dichiarazioni fotocopia in massa dei renziani, tutte a base di «non ci sono le condizioni per un accordo», se prima non chiude l'alleanza con Salvini. Risultato: il Pd torna a spaccarsi sul dialogo con l'esploratore, sul rapporto con il M5S, se trattare su un esecutivo insieme, o se garantire l'appoggio esterno, o se chiudere porte e finestre e puntare tutte le carte su una nuova fase, quella dell'azzeramento di Di Maio e Salvini, la formazione di un M5S de-dimaizzato e di un eventuale governo del presidente, con personalità indicata dal capo dello Stato. Matteo Renzi rimane fermo sulla linea del «tocca a loro», e a chi cerca di stanarlo contrapponendo un «tocca anche a te», replica come ha spiegato ai suoi: «Per fare una maggioranza serve il sì del 90 per cento dei gruppi del Pd», come a dire, senza il sì della maggioranza del partito i governi Pd-M5S erano e restano pie illusioni. Non così Maurizio Martina, il reggente, che si stacca dalla linea renziana e invece scandisce: «Il M5S chiuda il forno di Salvini, dopo di che ci confronteremo sui contenuti». Sulla stessa falsariga Andrea Orlando.
STRACCI
Si riaffaccia lo schema dello scontro interno a sinistra sull'onda di una sconfitta elettorale, dove la minoranza di ieri cerca di conquistare la maggioranza, o comunque posizioni, intavolando il dialogo a onta e sulla testa del leader sconfitto. Con un'aggravante polemica: i trattativisti accusano i renziani e la maggioranza di attacco al Colle. Dicono: «Con quel fuoco di fila di renziani contro il tentativo di Fico, in realtà hanno attaccato Mattarella. Come spiegare altrimenti quel fuoco di sbarramento, quando Fico non era neanche uscito dal Quirinale e prima ancora che alzasse il telefono per convocare un incontro?». Sono pure volati gli stracci. A Francesco Boccia che descriveva come «irrispettoso» il medesimo fuoco di sbarramento renziano, replica a muso duro Michele Anzaldi, renziano con l'elmetto: «Da Boccia parole imbarazzanti e farneticanti». Prende tastiera e computer Dario Ginefra, dando del bullo ad Anzaldi. Chiuso, almeno a parole, il forno salvianiano, può dunque il Pd andare all'incontro con Fico rasserenato e magari pronto a fare insieme un governo? Per Sandro Gozi, sottosegretario alla Ue e renziano della prima ora, le condizioni non c'erano prima e non ci sono ugualmente adesso, ma solo per motivi squisitamente politici: «Dovremmo dialogare con chi pur di prendere il potere, in 48 ore passa dall'accordo con Berlusconi all'esaltazione della sentenza di primo grado della trattativa a Palermo, dal forno Lega al forno Pd, da Farage a Macron, dal superamento Nato alla fedeltà atlantica, dal no euro al sì?».
Nino Bertoloni Meli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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