Lorenzin muove i tecnici «La donazione non c'entra»

Lunedì 18 Dicembre 2017
Lorenzin muove i tecnici «La donazione non c'entra»
L'ATTACCO
VENEZIA Dopo il ministro Beatrice Lorenzin, sui Pfas vanno all'attacco del Veneto anche il Centro nazionale sangue, la Società italiana di medicina trasfusionale e immunoematologia e il Comitato interassociativo del volontariato italiano del sangue. Due gli argomenti utilizzati per contestare le tesi della Regione sul trattamento attuato ad un campione volontario di 111 persone contaminate dalle sostanze perfluoroalchiliche. Il primo: «È improprio paragonare le plasmaferesi per donazione e per terapia». Il secondo: «L'uso della tecnica per la rimozione degli inquinanti chimici non ha solide basi scientifiche».
GLI ORGANISMI
Hanno sede a Roma gli organismi che hanno preso posizione con una nota congiunta. Il Cns è un centro nazionale del ministero della Salute che opera sotto il vessillo dell'Istituto superiore di sanità. La Simti è la società scientifica di riferimento dei professionisti (medici, biologi, tecnici e infermieri) che operano nelle strutture trasfusionali italiane. Il Civis è il comitato che rappresenta le associazioni dei donatori Avis, Cri, Fidas e Fratres. Dopo che il ministro Lorenzin aveva contestato il ricorso alla pratica per abbattere la concentrazione dei veleni nel sangue della zona rossa, l'assessore regionale Luca Coletto aveva chiesto se allora fosse necessario sospendere l'attività anche nell'ambito della donazione.
Una domanda provocatoria a cui i tre enti rispondono ora così: «Paragonare la plasmaferesi con finalità terapeutica, utilizzata in regione Veneto per la rimozione dal sangue di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas e Pfoa), a quella che si impiega ogni giorno, in centinaia di donatori per le donazioni di plasma, è decisamente fuori luogo e rischia di generare equivoci. La donazione di plasma è, infatti, assolutamente sicura, non invasiva e fondamentale per la salute di migliaia di pazienti». Di più: «Non ci sono solide evidenze scientifiche a supporto della modalità scelta dai sanitari veneti»
IL DECRETO
Il punto è cruciale. «La plasmaferesi utilizzata per la donazione di plasma affermano Cns, Simti e Civis è una procedura definita dal decreto ministeriale Salute del 2 novembre 2015, sulla base di robuste evidenze scientifiche che garantiscono la sicurezza del donatore. Tale decreto recepisce anche le raccomandazioni fornite dall'Organizzazione mondiale della sanità e da altri organismi istituzionali europei ed internazionali». Si tratta dello stesso decreto a cui anche la Regione dichiara di essersi attenuta nel disciplinare la plasmaferesi terapeutica, che consiste nella separazione della componente liquida del sangue (il plasma, appunto) dalla quota cellulare, rimuovendo le sostanze nocive che si annidano nell'albumina e sostituendo la parte mancante con dei liquidi che mantengono ad un livello normale il volume totale del sangue circolante. «Non appare corretto paragonare procedure con profili di invasività e anche di sicurezza assai difficilmente correlabili», sottolinea Giancarlo Maria Liumbruno.
«Voler identificare come analoghe queste due procedure molto diverse rischia di mettere in dubbio la sicurezza della donazione volontaria e responsabile del plasma, associandola a tecniche terapeutiche e invasive», aggiunge Sergio Ballestracci, portavoce di Civis.
LE EVIDENZE
Citando la letteratura scientifica internazionale, i tre organismi indicano 179 potenziali indicazioni cliniche delle procedure di aferesi terapeutica con differenti gradi di evidenza scientifica e forza di raccomandazione, che «non includono specificamente la rimozione dei suddetti contaminanti».
Rimarca Pierluigi Berti, presidente di Simti: «All'utilizzo di protocolli su procedure di scambio plasmatico terapeutico, in caso di avvelenamento da sostanze chimiche o da farmaci che si legano a proteine plasmatiche, è attribuito un livello di evidenza molto basso. È il caso di sottolineare, inoltre, come la procedura di scambio plasmatico terapeutico sia una procedura non esente da potenziali effetti collaterali, soprattutto se paragonata alla donazione mediante aferesi produttiva, anche in considerazione del diverso volume di plasma raccolto, che può raggiungere o superare l'intero volume di plasma del paziente ed è di almeno 4-5 volte superiore al volume di plasma donato in una singola procedura di donazione».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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