LO SCENARIO
BERLINO Se riuscirà in un capolavoro di equilibrismo Angela

Lunedì 25 Settembre 2017
LO SCENARIO
BERLINO Se riuscirà in un capolavoro di equilibrismo Angela Merkel guiderà il prossimo governo, con litigiosi alleati. Sul tavolo della cancelliera ci sono già pesanti dossier, che sembrano fatti apposta per dividere verdi, liberali e cristiano-sociali, i partner dell'unica coalizione al momento possibile, poiché i socialdemocratici si sfilano dalle grandi intese. Il cantiere principale si chiama Europa. Di fronte all'eurocrisi, il più devastante ciclone dal 1929, la cancelliera prima ha scelto la linea dell'ortodossia finanziaria alla tedesca, in base alla quale la lotta all'inflazione viene prima di tutto. Poi, di fronte al disastro della Grecia e alle difficoltà degli altri Paesi del Sud, ha pragmaticamente appoggiato l'azione della Bce per l'acquisto dei titoli di Stato. Comunque, la Ue, soprattutto dopo la Brexit, è da rifondare.
I TEMI
Molto è stato scritto sull'asse con la Francia di Macron, dopo che Le Monde a inizio settembre in un retroscena ha rivelato che il presidente avrebbe detto: se lei (Merkel, ndr) si allea con i liberali, siamo finiti. Parigi, dunque, da ieri sera è solo parzialmente accontentata: Berlino va verso una coalizione più larga. Nella quale però prevedibilmente i liberali ci saranno e faranno pesare le loro critiche alla politica di Draghi (così come i cristiano sociali della Csu), mentre i verdi, all'opposto, vorrebbero più solidarietà con il Sud Europa. Poco per Macron, fautore di un grande piano di investimenti europeo che contribuirebbe alla ripresa di cui la Francia (e non solo) ha urgente bisogno.
In questo accordo franco-tedesco troverebbe posto anche un importante capitolo militare. Parigi e Berlino vorrebbero incrementare la cooperazione per arrivare a un vero esercito europeo. In prospettiva, balenano il superamento della Nato e l'assunzione da parte dell'Europa a guida franco-tedesca di una piena responsabilità nella propria difesa. Questo progetto, non nuovo, finora si è sempre rivelato una chimera. A rivitalizzarlo, sono state anche le parole di Angela Merkel, che, dopo l'ennesimo attacco alla sua persona da parte di un Trump appena insediato, ha sibilato che degli americani non ci si può più fidare come prima. Parole interpretate, forse prematuramente, come indizio di una svolta verso la difesa autonoma europea.
Il rapporto speciale con la Francia fa parte della costituzione materiale della Germania del dopoguerra. Il patto tra Mitterrand e Kohl («i tedeschi possono riunificarsi ma sciolgano il marco dentro l'euro») è alla base della grande Bundesrepublik del dopo-Muro. Macron e Merkel saranno capaci di un disegno altrettanto ambizioso? La cancelliera, fortemente indebolita, rischia di restare prigioniera dei ricatti degli alleati di governo.
Senza contare che gli altri grandi Paesi Ue rischierebbero la marginalità. L'esclusione del Sud, a vantaggio di una Kern-Europa, una Europa del nucleo a guida tedesca più i francesi, rappresenterebbe la fine dell'Ue.
LE SFIDE
Per la cancelliera ci sono anche importanti sfide interne. Una è la modernizzazione. La Germania, che vanta uno dei surplus commerciali più grandi del mondo, rischia di strozzare il proprio futuro se si adagia sui suoi successi di grande nazione esportatrice di automobili e macchinari. Già da anni allarmati rapporti della Confindustria tedesca puntano il dito sulle carenze infrastrutturali: autostrade, ponti, aeroporti, linee ferroviarie, grandi reti di energia, insomma le arterie vitali di una delle più forti economie del mondo hanno urgente bisogno di ammodernamento.
Finora, la politica dello schwarze Null, lo zero in nero, cioè il bilancio in pareggio, un vero feticcio della classe dirigente che ha il suo punto di riferimento nel ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, ha lesinato interventi. Nell'ultima fase della legislatura, Merkel e Schaeuble hanno cominciato ad affrontare il problema.
Un altro cantiere interno è la tenuta sociale. Proprio questa campagna elettorale, verso la fine, ha mostrato spiragli di una Germania che non va: dietro la facciata ufficiale di una disoccupazione ben sotto il 4 per cento aumentano le diseguaglianze e l'affanno di chi deve vivere con i lavori a bassa retribuzione o i sussidi. La miscela di risentimento e di avversione per gli immigrati è stata la benzina per gli xenofobi di AfD. Merkel, che due anni fa aveva deciso: possiamo ospitare tutti, ora assicura: «Il 2015 non si ripeterà». E ieri ha enunciato la «lotta all'immigrazione illegale». La Germania è un grande Paese moderno e ha già dimostrato in passato una enorme capacità di accoglienza. Che però è stata messa a dura prova dall'arrivo di un milione di profughi in pochi mesi. Il vero fattore all'origine del voto di ieri.
A. Di L.
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