Linea dura dell'Arma: Ultimo sotto inchiesta

Domenica 17 Settembre 2017
Linea dura dell'Arma: Ultimo sotto inchiesta
Ha violato la prima delle consegne: il silenzio. Ha esternato sulle agenzie di stampa senza autorizzazione, previsto invece dal regolamento, e le invettive rivolte alla politica sono finite su tutti i giornali, tanto da provocare anche un intervento del ministro della Difesa Roberta Pinotti. Il procedimento disciplinare per Sergio De Caprio, il capitano Ultimo che nel 1993 arrestò il boss dei boss Totò Riina, è già partito, ma sembra del tutto esclusa l'ipotesi di una sospensione. Pesano di più gli attacchi alla politica che le circostanze riferite al Csm dal procuratore di Modena Lucia Musti. Anche per Giampaolo Scafarto, finito invece al centro dell'inchiesta dei pm romani con l'accusa di avere falsificato l'informativa Consip, è probabile che vengano presi provvedimenti. Anche se il procedimento giudiziario congela qualunque iniziativa disciplinare, si potrebbe arrivare a una misura precauzionale, ossia temporanea e urgente. È difficile che il capitano, da poco promosso maggiore e destinato ad altro incarico, possa davvero andare in aula come teste della procura di Modena proprio nel processo Cpl Concordia, al centro dell'ultima bufera.
MAGISTRATURA - Intanto, in prima commissione al Csm vanno avanti gli accertamenti sulla fuga di notizie che ha riguardato l'inchiesta napoletana sulle coop, per stabilire se ci siano profili di incompatibilità per il pm napoletano Henry John Woodcock. E rischia di abbattersi sull'inchiesta Consip un'altra tegola: quella dei metodi - come l'uso di software spia per le intercettazioni attraverso un cellulare - impiegati e riservati solo alle indagini per la criminalità organizzata e il terrorismo.
CONTESTAZIONI - Dal richiamo, al rimprovero, alla consegna. Il rischio per De Caprio, dopo l'invettiva per difendere se stesso e l'Arma a fronte delle accuse del procuratore di Modena Lucia Musti e alle successive reazioni politiche, difficilmente passerà senza conseguenze. Ha citato i ministri per nome e i politici che invocavano l'istituzione di una commissione parlamentare per concludere: «L'unico golpe che vediamo è quello perpetrato contro i cittadini della Repubblica, quelli che non hanno una casa, quelli che non hanno un lavoro e quel golpe non lo hanno fatto e non lo fanno i carabinieri». Dichiarazioni che finiranno nel dossier a suo carico, insieme all'intero fascicolo del Csm, ossia quei verbali in cui la Musti ha riferito che lui e Scafarto nel consegnargli l'informativa che conteneva la conversazione tra Matteo Renzi e il generale della Finanza Michele Adinolfi «erano come esagitati». Ma a imbarazzare l'Arma c'è anche la posizione dell'oramai maggiore Gianpaolo Scafarto. Già domani il procuratore Giuseppe Pignatone e i pm titolari del fascicolo Consip prenderanno in esame gli atti inviati in procura dal Csm per chiarire se ci siano profili penali nei confronti di Scafarto e De Caprio. Per De Caprio non si profilerebbero violazioni. A rischiare, invece, è ancora Scafarto che, secondo le dichiarazioni del procuratore di Modena, avrebbe rivelato a settembre 2016 notizie sulle indagini condotte con la procura di Napoli, ossia l'inchiesta Consip: «Arriviamo a Renzi», avrebbe detto. Una circostanza che potrebbe costare al militare, già indagato per diverse violazioni del segreto istruttorio, un'altra contestazione. Quanto alla posizione del pm napoletano Henry John Woodcock continua a rappresentare un unicum. È la prima volta che una procura indaga un collega ipotizzando non solo la violazione del segreto istruttorio ma anche il falso. Il filone potrebbe comunque essere chiuso in tempi brevi. C'è anche un'altra tegola che potrebbe abbattersi sull'inchiesta Consip.
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