Legittima difesa: la legge e il rischio del Far West

Martedì 17 Ottobre 2017
Paolo Graldi

Si riaccende la polemica sulla legge che delimita i casi in cui invocare la legittima difesa. E configurare gli eccessi, fino all'omicidio volontario. Il caso che fa scendere in campo le opposte fazioni (chi la vuole più rigorosa e chi più larga) è quello dell'avvocato di Latina che ha sparato (alle spalle) un ladro che stava assaltando la dimora del padre, arrampicato su una scala.
Francesco Palumbo, avvocato, 47 anni, ha ripercorso attimo dopo attimo quei momenti terribili, da quando avvertito con quattro sms collegati all'allarme elettronico, ha capito che c'erano degli intrusi nella casa del genitore a quando si è infilato in tasca la pistola (regolarmente denunciata) ed è accorso laddove ha visto dapprima il palo e poi i due complici, una paranza di pregiudicati napoletani. L'ucciso ha diversi precedenti per furto. «Ho perso la testa», ha ammesso l'avvocato, sconvolto per l'accaduto. Si difende affermando di aver sparato in aria ma la ricostruzione dei fatti fissa precise responsabilità, che andranno tuttavia approfondite attraverso le perizie già in corso.
Sta il fatto che, ascoltato per tutta la notte, Palumbo si deve difendere dall'accusa di omicidio volontario: i colpi alle spalle di un uomo su una scala. Dice che ha avuto paura: il ladro ha messo una mano in tasca, come per afferrare un'arma. La legge, si sa, fissa contorni abbastanza precisi sulle circostanze in cui è possibile far uso di un'arma. Il pericolo dev'essere reale, le circostanze di luogo e di tempo debbono rappresentare un comportamento non genericamente pericoloso.
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