LE RIPERCUSSIONI
BELLUNO Il lavoro più che dimezzato, i dipendenti da licenziare

Domenica 23 Febbraio 2020
LE RIPERCUSSIONI
BELLUNO Il lavoro più che dimezzato, i dipendenti da licenziare e il sospetto e la paura letta negli occhi dei passanti quando si cammina per strada. I ristoratori cinesi della provincia non sanno più come correre ai ripari. Si tratta di fatto di famiglie bellunesi, visto che sono qui da oltre 20 anni e in Cina ci saranno andati 3 o 4 volte. Ma nonostante le rassicurazioni anche sui prodotti che vengono elaborati in cucina, tutti di provenienza locale, più del 50% dei clienti non è più entrato nei loro locali dall'inizio dell'emergenza.
A BELLUNO
«Vista l'emergenza in corso, desideriamo sottolineare che abbiamo sempre avuto cura della tutela del consumatore e a tal proposito informiamo i clienti che i nostri fornitori sono italiani». Hanno inserito tutte le bolle con gli ordinativi dei prodotti sulla loro pagina Facebook i titolari del Ristorante Asia Sushi, del piazzale della Stazione a Belluno. Hanno pensato di rassicurare così i loro clienti, perché da quando è scoppiata la paura del coronavirus molte facce amiche non si vedono più. «Il lavoro è più che dimezzato - conferma il ristoratore Alessio Je -, una paura immotivata, basti pensare che non vado in Cina da almeno 2 anni». Je e la sua famiglia arrivano dalla regione orientale di Zhejiang, a mille chilometri dall'epicentro del cotagio. «Nella nostra regione, più grande dell'Italia - spiega - a fronte di 1200 persone infettate, c'è stato un solo morto e 600 sono già state curate. Come è possibile che le persone abbiano paura di noi? Eppure lo vedo negli sguardi quando vado in centro anche qui a Belluno. L'altro giorno una signora si è tirata su la giacca mettendosela davanti alla bocca e mi ha fatto passare, temendo chissà cosa. All'inizio non capivo perché mi guardasse in quel modo. Poi ho compreso. Ma io non sono un virus, sono un uomo». Je spiega anche come ci siano due contratti in scadenza di altrettanti dipendenti che hanno nel locale e come non sarà possibile rinnovarli. «Se il lavoro va avanti così - dice - non riusciremo più ad assumere nessuno. Mi spiace molto, ma finché non cambia è così».
A FELTRE
La situazione non cambia a Feltre dove anche qui la titolare del ristorante Shanghai Sushi Feltre, di via Montelungo, si è sentita costretta a chiarire su Facebook la provenienza dei loro prodotti. «Dal 2014 - spiega nel post - ci impegniamo ad offrirvi in tavola la qualità e in questo periodo, più che mai, vogliamo essere trasparenti perché sappiamo quanta paura ci sia nei confronti del Coronavirus. Acquistiamo i nostri prodotti da Forato SpA, Pescheria Grisot srl, Faganello Bevande, C+C Cash and Carry Italia di Lentiai, Amadori Peopoll e M.C. Srl per la ristorazione Fusion Food. Vogliamo ulteriormente rassicurarvi: nessuno dei nostri dipendenti è stato in Cina negli ultimi mesi». Ciononostante tanti clienti affezionati non si vedono più. «Più di metà», conferma la ristoratrice. Anche lei arriva dalla regione di Zhejiang, ben lontana dal punto di contagio ed è in Italia ormai da 23 anni. «Un dipendente se ne è andato - racconta -, non so se per paura o altro: sua madre ha voluto che tornasse nella provincia dove abita. Per ora non prendo nessun altro, perché non c'è lavoro». Ma la speranza è che tutto questo finisca quanto prima. «Speriamo solo che arrivi preso il vaccino - prosegue la ristoratrice -. In Cina dicono che si sta testando in questo momento sugli animali e per fine aprile sarà utilizzato sugli uomini. Forse allora questa psicosi ed emergenza sarà finita».
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