LE AZIENDE
JESOLO «Queste persone lavorano con noi da tempo, e sono risultate

Giovedì 6 Agosto 2020
LE AZIENDE JESOLO «Queste persone lavorano con noi da tempo, e sono risultate
LE AZIENDE
JESOLO «Queste persone lavorano con noi da tempo, e sono risultate negative ai due tamponi di verifica: non vediamo perché non dovrebbero riprendere a lavorare». Diverse aziende agricole del litorale attendono i richiedenti asilo trasferiti a Cavarzere e ora pronti a tornare in città. Mentre quasi tutte le forze politiche di Jesolo continuano a chiedere la chiusura della struttura di via Levantina, i 42 richiedenti asilo trasferiti a Cavarzere a metà luglio, ora che non sono più positivi al Covid, chiedono di poter ritornare a lavorare a Jesolo.
Nelle scorse settimane, di fronte ai primi casi di contagi, il presidente regionale della Croce Rossa aveva parlato di una trentina di migranti regolarmente impegnati in attività lavorative, sette dei quali risultavano positivi. Si tratta di persone che hanno trovato lavoro soprattutto nelle aziende agricole del territorio, anche se non mancano i casi di stranieri impiegati in alcune strutture ricettive. Sullo sfondo, ancora tutta da chiarire, l'eventuale occupazione in nero degli stessi migranti, come ha spiegato tra l'altro sempre il responsabile regionale della Cri che ha fatto riferimento solo alle persone in possesso di regolare contratto di lavoro spiegando, però, che prima di conoscere i casi di positività, tutti i migranti potevano uscire liberamente dal centro.
IL CASO DELLA FROVA
Ma anche per chi aveva trovato lavoro a Jesolo al momento sembra difficile il rientro in città, anche per l'impossibilità della stessa Croce rossa di riaccoglierli, visto che nella struttura attualmente ci sono 12 persone positive in isolamento, più gli altri 70 negativi. Emblematico il caso di due migranti regolarmente assunti nell'azienda agricola Frova, tra le più importanti della città, che hanno trovato una sistemazione alternativa a San Donà. «Queste persone spiegano dall'azienda agricola lavorano qui regolarmente da prima che emergessero i casi di contagi all'interno della struttura. Ora, a due settimane di distanza, sono risultati negativi ai due tamponi consecutivi e chiedono di tornare a svolgere il loro lavoro. E' una richiesta comprensibile e noi li stiamo aspettando. Hanno chiesto alla Croce rossa di fare ritorno nella struttura di via Levantina ma hanno ricevuto una risposta negativa. Hanno trovato una sistemazione a San Donà da alcuni conoscenti, la prossima settimana riprenderanno a lavorare». Alla Frova gli immigrati vengono definiti una risorsa fondamentale. «Nel nostro caso viene ribadito dall'azienda abbiamo un rapporto consolidato con la Croce rossa, abbiamo già avuto altre esperienze senza mai riscontrare problemi. Quest'anno all'inizio della stagione avevamo ipotizzato di assumere più personale italiano locale, pensando che nelle attività turistiche ci fossero minori esigenze di manodopera, ma nella realtà non è andata così è l'85% dei nostri dipendenti sono cittadini extracomunitari. Oltre ai due ospiti della Croce rossa ci sono altre persone residenti a San Donà e nei comuni vicini. Si tratta quasi di scelte obbligate: oltre agli italiani quest'anno mancano anche i romeni e i bulgari che vista la situazione nel loro Paese hanno delle difficoltà a muoversi verso l'Italia. Il momento della raccolta è imminente e abbiamo dovuto organizzarci in questo modo: non farlo vorrebbe dire lasciare la frutta marcire nei campi».
Massima l'attenzione alla sicurezza. «Già da prima che scoppiasse il caso della Croce rossa concludono dall'azienda abbiamo deciso di attuare un rigido protocollo, prevedendo maggiori prescrizioni rispetto a quelle previste dalla legge. Non c'è solo il distanziamento, l'uso della mascherina e l'igienizzazione delle mani: a tutti i dipendenti viene fatto anche il test. E' una precauzione in più per tutti, prima di tutto per gli stessi ragazzi che lavorano con noi».
Giuseppe Babbo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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